Isis: Obama medita la svolta, truppe Usa in prima linea

People wave US flags as soldiers on vehicles of the 'Dragoon Ride' US Army convoy wave while on their way to a Czech army barrack in Prague, Czech Republic, 30 March 2015. EPA/FILIP SINGER
People wave US flags as soldiers on vehicles of the 'Dragoon Ride' US Army convoy wave while on their way to a Czech army barrack in Prague, Czech Republic, 30 March 2015. EPA/FILIP SINGER
People wave US flags as soldiers on vehicles of the ‘Dragoon Ride’ US Army convoy wave while on their way to a Czech army barrack in Prague, Czech Republic, 30 March 2015. EPA/FILIP SINGER

NEW YORK. – L’amministrazione Obama potrebbe essere vicina ad una svolta nella lotta all’Isis. Il pressing sulla Casa Bianca per un maggior coinvolgimento delle truppe americane in Iraq e in Siria si fa sempre più insistente. E il cambio di strategia, con l’invio di soldati in prima linea, potrebbe essere annunciato già in settimana.

La proposta – secondo il Washington Post – arriverebbe da alcuni dei più stretti consiglieri del presidente, ed è approdata nei giorni scorsi sulla scrivania dello Studio Ovale. Prevede il dispiegamento di uomini proprio a ridosso del fronte del fuoco, per sostenere con più vigore le forze filo-occidentali in guerra con i militanti dello Stato islamico.

Non si parla ancora di truppe americane coinvolte nei combattimenti veri e propri. Ma la teoria dei ‘no boots on the ground’ – ribadita ossessivamente da Barack Obama anche nelle ultime settimane – sembra ormai vacillare.

Troppo scarsi i risultati di una campagna finora condotta quasi esclusivamente dall’alto, con quei raid aerei che hanno fermato l’avanzata dell’Isis ma hanno mostrato chiari limiti se non supportati in maniera efficace sul campo.

Lo stesso presidente avrebbe espresso negli ultimi vertici alla Casa Bianca insoddisfazione per il risultato delle operazioni e per una situazione di sostanziale stallo. Si sarebbe quindi convinto a prendere in considerazione la necessità di un’escalation dell’impegno americano.

Confortato – scrive ancora il Wp – sia dal segretario di Stato John Kerry che dal capo del Pentagono Ash Carter.

Accantonata per il momento l’ipotesi troppo costosa di creare delle ‘no fly zone’ in Siria per accogliere i rifugiati e i ribelli filo-occidentali, la Casa Bianca starebbe valutando in particolare due possibilità: dispiegare ‘consiglieri militari’ in Iraq più a ridosso delle prime linee; posizionare anche in Siria, per ora in numero limitato, uomini delle forze speciali.

Difficile dire quanti soldati in più verrebbero coinvolti. Ma l’intenzione è di attuare un piano che all’inizio non preveda grandi numeri.

Non tutti però all’interno dell’amministrazione Obama, così come nell’entourage del presidente, sarebbero d’accordo sul cambio di strategia. Nelle ultime riunioni alla Casa Bianca si parla di clima teso, di contrasti.

Qualcuno dei consiglieri del presidente teme ad esempio che una presenza americana in Siria possa portare ad una pericolosa escalation del conflitto, visto il rischio mettere gli Stati Uniti direttamente contro le truppe del regime di Assad. E, dunque, contro i due grandi alleati di Damasco: Russia e Iran.

E mentre le autorità di Teheran – riportano fonti Usa – sarebbero state per la prima volta invitate a partecipare ai colloqui della comunità internazionale sul futuro della Siria, da Mosca è arrivata una reazione stizzita per il mancato invito al vertice di Parigi. Riunione alla quale hanno partecipato, oltre alla Francia, i rappresentanti di Usa, Gb, Germania, Italia, Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Giordania e Qatar.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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