La Nato mostra i muscoli, pronti contro tutte le minacce

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SARAGOZZA (SPAGNA). – Trentaseimila soldati, oltre 140 aerei, 60 navi, i paracadutisti americani dell’82/a divisione di base a Fort Bragg: la Nato mostra i muscoli con ‘Trident Juncture’, la più grande esercitazione dell’Alleanza dal 2002.

Cominciata ufficialmente ai primi di ottobre con l’addestramento della catena di comando, le manovre di guerra simulata sono partite il 21 ottobre tra l’Italia (a Trapani per la componente aerea), il Portogallo (per le operazioni navali) e la Spagna (per l’addestramento delle truppe di terra nelle colline attorno a Saragozza).

“A tutti gli alleati, ai partner e ad ogni potenziale avversario mandiamo il messaggio che la Nato non cerca confronti, ma è pronta difendere ogni alleato contro qualsiasi minaccia” dice il segretario generale Jens Stoltenberg a margine della giornata dimostrativa, aperta ai media e ai capi di stato maggiore.

Un esercizio, quello della Nato, che vuole dimostrare coerenza con la missione dell’Alleanza “più forte del pianeta”, come la definisce Stoltenberg: ovvero essere in grado di difendere i suoi alleati ed essere pronta ad intervenire entro 48 ore per rispondere con i 5.000 uomini delle ‘punte di lancia’, la brigata nata dopo il congelamento dei rapporti con la Russia per la crisi ucraina.

‘Trident Juncture’ mette a punto i meccanismi della nuova ‘Forza di reazione’ della Nato, raddoppiata nelle sue capacità e portata a 40mila soldati. E Stoltenberg sottolinea che le minacce non vengono solo da est. La strategia per il sus, “instabile dall’Afghanistan al nord africa, passando per Siria e Iraq”, sarà valutata nella ministeriale esteri di dicembre.

Ma la logica della nuova Nato, argomenta il segretario generale, è quello di fare deterrenza e – soprattutto – investire nella prevenzione: l’Alleanza deve restare in grado di dispiegare grandi forze rapidamente ma “è estremamente importante che aumentiamo la nostra capacità di progettare la stabilità, senza dispiegare sempre grandi forze di combattimento”.

Come sintetizza il ministro della Difesa spagnolo: “La medicina preventiva è più efficace e costa meno di quella curativa”.

Così, dopo quelli che i riconosciuti “fallimenti” in Iraq e Libia, ora la Nato si dice pronta ad aiutare tanto Baghdad quanto il governo libico di unità nazionale per la cosiddetta “defence capacity building”.

“Ma non con una missione militare di combattimento” dice Stoltenberg, lasciando cadere l’invito dell’egiziano Sisi a completare il lavoro lasciato a metà dopo la morte di Gheddafi.

Verso la Russia, che Stoltenberg continua a criticare perché in Siria “infiamma la guerra” sostenendo Assad e perché “usa tutte le scappatoie” per aggirare la trasparenza e la prevedibilità selle sue manovre alle quali non invita osservatori Nato da due anni (mentre tre delegazioni del Cremlino sono state invitate a ‘Trident Juncture’), arriva però un cambiamento di tono.

“E’ benvenuta” la scelta di partecipare al dialogo per trovare una soluzione politica in Siria, dice Stoltenberg che sembra offrire anche un minuscolo ramoscello d’olivo: “Lo scopo della Nato non è isolare la Russia, ma ristabilire una relazione costruttiva e cooperativa”.

(dell’inviato Marco Galdi/ANSA)

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