Acciaio, battaglia a Bruxelles su invasione cinese

Un'immagine dello stabilimento Ilva a Taranto, 25 settembre 2013. ANSA / CIRO FUSCO
Un'immagine dello stabilimento Ilva a Taranto, 25 settembre 2013. ANSA / CIRO FUSCO
Un’immagine dello stabilimento Ilva a Taranto, 25 settembre 2013.
ANSA / CIRO FUSCO

BRUXELLES. – Un’invasione senza precedenti di acciaio cinese che negli ultimi tre mesi ha fatto crollare i prezzi e la produzione in Europa, con 5mila licenziamenti solo nell’ultimo mese. E l’Italia è il paese Ue più colpito.

E’ la nuova battaglia contro la Cina ingaggiata dall’industria europea a Bruxelles, dove una riunione straordinaria dei ministri dei 28 è stata convocata d’urgenza dalla presidenza lussemburghese di turno dell’Ue su pressione della Gran Bretagna per correre al capezzale del settore.

Dazi anti-dumping più veloci, sorveglianza del mercato e un chiaro ‘no’ alla concessione dello status di economia di mercato a Pechino le richieste dei ‘big’ dell’acciaio, da ThyssenKrupp ad Arvedi, rivolte a Commissione Ue e stati membri, che sembrano avere parzialmente aperto la porta.

L’Italia fa sponda: “Assicurare alla Cina lo status di economia di mercato è una cosa che non c’è”, è stato netto il viceministro allo sviluppo economico Carlo Calenda.

La sovraccapacità del settore siderurgico in questo momento è stimata dai produttori europei di Eurofer a 500 mln di tonnellate, di cui 300 solo in Cina. E questa da sola è superiore a più del doppio della semplice produzione europea.

In Italia negli ultimi 9 mesi, ha denunciato l’ad di Arvedi Mario Caldonazzo, “la produzione è diminuita dell’8,8% a fronte di un aumento della domanda del 7,7%”, mettendola nella situazione di “Paese più colpito” dal dumping delle esportazioni a basso prezzo dalla Cina ma anche da Bielorussia e Iran.

“E’ chiaro che c’è un problema quando costa meno comprare acciaio cinese in Europa che in Cina”, ha affermato l’ad di ThyssenKrupp Andreas Goss. E con le politiche su Ets e taglio delle emissioni attuate in modo parziale, ha messo in guardia l’ad di Celsa Francesc Rubio, “rischiamo di esportare posti di lavoro e di importare CO2, esattamente il contrario degli obiettivi Ue”.

La crisi del settore però non è nata oggi, e la Commissione Ue con l’allora commissario all’industria Antonio Tajani nel 2013 aveva adottato un Piano d’azione per l’acciaio. “Un’ottima iniziativa, purtroppo non implementata se non in modo parziale”, ha sottolineato Caldonazzo. Anche per Calenda questo “è rimasto un vuoto esercizio teorico”, quindi ora “non possiamo permetterci altre false partenze”.

Il crollo del mercato, e l’urgenza di affrontare la situazione prima che sia troppo tardi, sembrano però aver fatto almeno in parte presa. E’ stata infatti convocata una Conferenza di alto livello ad hoc anche con industria e parti sociali “possibilmente entro dicembre”, ha annunciato il ministro lussemburghese Etienne Schneider, dove si farà anche il punto sull’attuazione del Piano per l’acciaio.

E il vicepresidente della Commissione Ue Jyrki Katainen, pur “non promettendo” niente, ha dato la sua disponibilità a vedere cosa si può fare per accelerare i tempi sulle misure commerciali difensive. Con gli attuali nove mesi necessari potrebbe infatti essere troppo tardi, ha avvertito Eurofer. Katainen ha però ricordato che sono già in vigore ben 37 dazi a tutela dell’acciaio, di cui 21 che riguardano la Cina.

Silenzio, invece, sulla questione dello status di economia di mercato per la Cina: “I nostri servizi legali stanno guardando alla questione e non ci sono state nuove discussioni su questo”.

(di Lucia Sali/ANSA)

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