Lega: processo rimborsi, da multe a laurea Bossi jr

Umberto Bossi con il figlio Renzo. Lega
Umberto Bossi con il figlio Renzo.

bossi family

MILANO. – Soldi pubblici entrati nelle casse della Lega Nord come rimborsi elettorali e usciti senza giustificativi in quanto sarebbero serviti per le spese personali della famiglia Bossi: dalle multe per le violazioni al codice della strada e al conto del carrozziere per migliaia e migliaia di euro, fino all’acquisto in diverse rate della famosa laurea in Albania di Renzo ‘il Trota’.

E’ quanto è andato in scena in aula a Milano al processo in cui sono imputati il fondatore del Carroccio, Umberto Bossi, il figlio Renzo e l’ex tesoriere Francesco Belsito. I tre rispondono di appropriazione indebita per circa mezzo milione assieme al Riccardo Bossi che verrà invece giudicato con rito abbreviato.

A parlare delle spese del fondatore della Lega e dei suoi familiari è stato Stefano Martinazzo il consulente della Procura. Durante la sua deposizione, il commercialista, rispondendo alle domande del pm Paolo Filippini, e alle richieste di precisazioni del giudice monocratico dell’ottava sezione penale del Tribunale Luisa Balzarotti, ha spiegato che dall’analisi contabile da via Bellerio, tra il 2008 e il 2011, sono state individuati “più di due milioni di euro di uscite prive di supporto documentale”, come scontrini o fatture.

Secondo l’esperto, che ha analizzato la documentazione del Carroccio nel periodo preso in esame e 9 conti correnti, “la Lega ha incassato a titolo di rimborsi” elettorali circa 75 milioni e mezzo di euro, dai quali sono stati prelevati poco più di 3 milioni di euro “per alimentare la cassa” del partito.

Il “paradosso”, ha sottolineato, è che poi “le uscite sono risultate superiori alle entrate, per uno squilibrio di cassa di 307 mila euro”. Uscite giustificate solo in minima parte: nei bilanci del Carroccio ci sono infatti “3.900 voci di uscita in 4 anni”.

Questo quadro ha portato il commercialista a dire che la contabilità del Carroccio era stata tenuta “in spregio di qualsiasi principio valido nelle aziende e nelle attività commerciali” e in “modo non conforme alla legge sul finanziamento ai partiti”. Contabilità da cui è emersa una “incompletezza documentale imbarazzante” riguardo la movimentazione dei conti correnti del movimento politico.

Martinazzo ha poi parlato delle cartelline trovate nella cassaforte dell’ufficio romano di Belsito più di tre anni fa, in piena inchiesta, durante le perquisizioni della Gdf. “Una di queste – ha raccontato – sul frontespizio riportava la scritta ‘The family’ e dentro c’erano le presunte lauree in Albania di Renzo Bossi e Pierangelo Moscagiuro”, l’ex caposcorta dell’allora senatrice Rosi Mauro.

“Insieme a due fogli di formato A4 che rappresentavano gli attestati di laurea – ha proseguito – c’era anche il libretto con l’elenco dei voti. Inoltre, nella cartelletta c’erano le spese della famiglia Bossi. Ricordo anche tutta la documentazione medica sulla rinoplastica del figlio minorenne di Bossi, le cartelle di Equitalia, i documenti sui lavori di ristrutturazione delle case di famiglia, le spese per le multe”.

Secondo l’accusa tra il 2009 e il 2011, il Senatur avrebbe speso oltre 208 mila euro: l’assegno da 20 mila con la dicitura ‘Casa Capo Lavori’, cartelle esattoriali, ”lavori edilizi” per la casa di Gemonio (1.583 euro), assegni da 50 mila euro, 160 euro per ”acquisto regalo di nozze”, 27 mila euro per ”abbigliamento”, gioielli, 1.500 euro di dentista, 81 mila euro per lavori in una casa a Roma.

A Renzo sono stati addebitati, invece, più di 145mila: migliaia di euro in multe, tremila euro di assicurazione auto, 48mila euro per comprarsi una macchina e 77mila euro per la ”laurea albanese”. Riccardo, infine, ha speso quasi 158mila euro per pagare ”debiti personali”, ”noleggi auto”, le rate dell’Università dell’Insubria, l’affitto, il ”mantenimento dell’ex moglie”, l’abbonamento della pay-tv, ”luce e gas” e anche il ”veterinario per il cane”.

(di Francesca Brunati/ANSA)