Italia cresce sotto le attese. Renzi, bisogna fare molto di più

Operai a lavoro in una fabbrica tedesca. ANSA
Operai a lavoro in una fabbrica tedesca. ANSA
Operai a lavoro in una fabbrica tedesca. ANSA

ROMA. – L’Italia cresce meno delle attese e a un ritmo più lento rispetto ai primi mesi dell’anno. Tra luglio e settembre l’Istat stima un Pil al +0,2%, sotto il dato del trimestre precedente e le aspettative degli analisti (+0,3%). Lo stesso premier Matteo Renzi sperava in quel decimo di punto in più ma comunque, dice, “abbiamo rimesso in moto la macchina”.

Ora l’attenzione si concentra sugli ultimi tre mesi dell’anno, che decideranno di tutto il 2015. Tra gennaio e settembre abbiamo messo in cascina una crescita dello 0,6%, un valore che non permette di riposare sugli allori se si vuole centrate l’obiettivo del Governo, chiudendo l’anno a +0,9%.

Serve quindi un’accelerazione e le leve su cui poter contare sono quattro: il Natale, un nuova spinta da parte della Bce, un export più favorevole e magari anche una correzione al rialzo del trimestre appena archiviato. Intanto l’agenzia S&P definisce la ripresa italiana “modesta”, precisando che ‘l’outlook’ stabile è legato all’avanzamento delle riforme.

La stima flash dell’Istat ha di certo raffreddato gli entusiasmi. Le aspettative degli analisti e dello stesso Istituto di statistica indicavano una crescita più robusta. A frenare il Pil è stato anche e soprattutto l’export, in particolare non tirano più i mercati fuori dai confini europei, come Cina e Russia. Inoltre anche la locomotiva tedesca non aiuta come prima (il Pil si ferma al +0,3%).

E infatti se l’Italia ha comunque registrato un +0,2% è tutto merito del mercato nazionale, con consumi e investimenti in positivo. Ma la spinta interna non è bastata a compensare il dato negativo delle esportazioni, che si sono trasformate da ancora di salvezza in zavorra. E il risultato finale per gli analisti mette ha repentaglio il raggiungimento del target del Governo.

“E’ probabile che la crescita annua dello 0,9% non si realizzi”, sottolinea Loredana Federico di Unicredit, mentre Paolo Mameli di Intesa SanPaolo lo giudica “ottimistico”. Ma per il capo economista del ministero dell’Economia, Riccardo Barbieri, il dato “non pregiudica gli obiettivi”. Giocherebbero a favore questioni tecniche e una possibile revisione in aumento (da +0,2% a +0,3%), grazie alla spinta di Expo e turismo (non colta appieno dalla stima dell’Istat).

Occhi puntati quindi al prossimo primo dicembre quando l’Istituto di statistica rilascerà il dato definitivo sul Pil del terzo trimestre. Per Nomisma il carburante alla ripresa potrebbe arrivare dalle “vendite di Natale”.

E non indifferente sarà l’evoluzione degli scambi con l’estero, su cui ha il suo peso il cambio euro/dollaro e le decisioni che a dicembre prenderà la Banca centrale europea. D’altra parte non è solo l’Italia a stare sotto le aspettative, anche l’eurozona segna il passo (nel terzo trimestre il Pil non va oltre +0,3%), con l’inflazione che resta ancora molto bassa (da noi è allo 0,3%).

Tuttavia c’è chi dopo lo stallo tenta il riscatto, è il caso della Francia. Lo stesso cercherà di fare l’Italia nel quarto trimestre. “Bisogna fare molto di più”, esorta Renzi che sottolinea: “Saremo felici quando il Pil sarà vicino al 2%”. Comunque il premier invita a non trascurare il +0,9%, terzo trimestre 2015 su terzo trimestre 2014, il miglior dato da oltre quattro anni.

Spostando lo sguardo sugli osservatori internazione, S&P, conferma per l’Italia un rating BBB-, con un outolook stabile, posto che il Governo “continuerà ad attuare riforme”. Ma a riguardo non ci sono poi tanti dubbi, dato che, spiega l’agenzia di rating, Renzi è “determinato ad andare avanti”.

Di sicuro però serve pazienza, per S&P il Pil reale italiano non tornerà ai livelli pre crisi fino all’inizio del 2024. E poi c’è il debito pubblico, che è ancora visto come un macigno e gli ultimi dati della Banca d’Italia non incoraggiano (+7,0 miliardi) anche se si resta sotto i livelli record.

1 comments

Non me
la prendo con le teste di caciucco che ci governano. Son teste di
caciucco e difficilmente diventeranno degli statisti da ricordare nei
secoli, ma me la prendo con quelle tantissime teste di caciucco degli
italiani che credono alle balle di (alcune?) teste di caciucco che ci
governano che vorrebbero far passare la tesi che la lieve e debole
ripresa sia tutto merito loro. Dollaro (debole), petrolio (a prezzi
bassissimi) e Q.E. (con quantità spropositate di soldi elargiti a
piene mani da Draghi) sono i fattori fondamentali, che assieme ad
alcuni altri fattori “accidentali”, hanno prodotto una
sorta di ripresina che da un momento all’altro potrebbe sparire.
Renzi e C. dovrebbero togliersi dai piedi, ma il problema è: e al
loro posto chi ci mettiamo? Berlusconi? Ormai puzza come il pesce di
5 gg.. Salvini? I montanari devono restare fra i loro monti (anche se
qualcosa di buono, come idee, possono avere). Grillo e C.? Con tanti
dubbi, ma forse è l’unico che potrebbe cominciare ALMENO a far
pulizia nella corruzione polito-mafiosa. Bah, non vedo nessuno in
grado di giudarci.

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