Terrorismo, infiamma la polemica. Rafforzata la vigilanza a New York

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Hanno alimentato la polemica. E sparigliato le carte in tavola. I tragici avvenimenti che hanno sconvolto la Francia e commosso il mondo hanno riproposto con forza negli Stati Uniti il tema del terrorismo. E trovato specialmente a New York, un terreno assai fertile. E’ ancora fresco l’orrore provocato dall’attentato alle “Torri Gemelle”.

Com’è ovvio, gli apparati di polizia, in tutte le metropoli degli “States”, hanno rafforzato la vigilanza in quelli considerati oggi i probabili obiettivi dei terroristi islamici. A New York, sono particolarmente controllati Times Square, la “Statua della Libertà”, la “Torre Rockfeller”, i musei, la metropolitana ed altri luoghi assai frequentati dai turisti. Ma non solo.

Anche Wall Street, la sede del Governo, la Biblioteca Pubblica, la Stazione Centrale… Insomma, non solo i luoghi affollati in cui un attentato provocherebbe una carneficina, ma anche i palazzi e le istituzioni emblematiche che rappresentano il cuore politico ed economico della città; spazi in cui un atto terroristico avrebbe un significato psicologico di grosso spessore.

Gli attentati a Parigi, eseguiti con cronometrica freddezza, hanno provocato una svolta nel dibattito politico in corso nel Paese. Terrorismo e migrazione, nell’architettura del pensiero politico dell’americano qualunque oggi si confondono e s’intrecciano. E di questo cercano di trarre vantaggio le correnti conservatrici del Paese.

E’ sempre più consistente il pericolo di un’ondata xenofoba in una nazione che è cresciuta e si è sviluppata grazie proprio all’impulso dato da migranti provenienti da ogni angolo del mondo.

L’amministrazione del presidente Obama, oggi, lavora sul programma di assistenza e accoglienza di oltre 10 mila rifugiati siriani. L’iniziativa del governo è stata osteggiata fin dal principio dai repubblicani. E, fin qui, nulla di cui sorprendersi.

A Capitol Hill, il neo-speaker della Camera, Paul Ryan, ha già reso noto che sta portando avanti iniziative orientate a sospendere il programma di accoglienza proposto dal capo dello Stato. Se la reazione dei repubblicani era prevista; quella degli Stati Federati ha spiazzato il governo centrale. E irritato il capo dello Stato. Oltre 30 Stati, dai più grandi ai più piccoli, si sono detti contrari ad ospitare rifugiati siriani. E, di fatto, hanno chiuso le loro frontiere.

L’amministrazione Obama ha respinto con forza l’equazione rifugiato=terrorista, che potrebbe condurre alla crescita di movimenti xenofobi latenti che non avevano mai avuto terreno fertile in una società aperta, accogliente e progressista. E si è fatta portavoce della posizione del G20: non si può negare soccorso e rifugio a chi fugge dalla guerra e, forse, da una morte certa senza sostenere un’altra forma di barbarie.

La polemica, come era prevedibile, ha avuto i suoi effetti sulle primarie democratiche e repubblicane. L’argomento infiamma la diatriba.

Hillary Clinton, che corregge le parole di Obama al sostenere che “l’Isis non va contenuta ma distrutta”, è stata attaccata duramente dal progressista Bernie Sanders che accusa la ex First Lady di aver votato, a suo tempo, a favore di un intervento militare in Irak. Questo, secondo il parere del senatore socialista, sarebbe stato la scintilla che ha infuocato la prateria e permesso la nascita di al qaeda e Isis.

Clinton si è difesa con autorità. A differenza di Sanders, che insiste nel suo “non intervenzionismo” ad oltranza, non ha scartato la possibilità di un intervento americano di terra, anche se solo come ultima risorsa e unicamente se assieme ai suoi alleati.

A differenza dei repubblicani, l’ex First Lady evita accuratamente di impiegare il termine “terrorismo islamico” e sottolinea con enfasi che non si è “in guerra col mondo musulmano e islamico”.

Se i candidati repubblicani Jed Bush e Marco Rubio esigono una svolta per contrastare quello che considerano “uno sforzo organizzato per distruggere la civiltà occidentale”, Trump si dice disposto ad acquistare un pezzo della Siria per ospitare i profughi, “cavallo di Troia dell’Isis per entrare negli Usa”. Un altro magnate, Rupert Murdoch, dal canto suo, propone l’accesso agli States unicamente a “cristiani doc”.

Una proposta choc, subito bollata come vergognosa e infame.

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