Costruire il futuro del Paese

Partecipazione. Questa è sempre stata, e deve esserlo anche oggi, la parola d’ordine. D’altronde la nostra Collettività è parte integrante del tessuto sociale del paese. Ha vissuto momenti di angoscia, di paura, di tristezza e di nostalgia quando, negli anni grigi della dittatura militare, lasciata l’Italia, cominciava a costruire il proprio futuro in questa terra generosa; di prosperità e di progresso, quando l’economia del Paese cresceva a ritmi incalzanti confortata da una moneta “forte”; e di difficoltà e preoccupazione, oggi che il tessuto produttivo è in crisi e la moneta è vittima di una profonda svalutazione.
Partecipare per contare. Domenica 6 dicembre, in Venezuela si vota. Il paese è chiamato alle urne per rinnovare le cariche dell’istituzione cuore e perno della democrazia: il Parlamento. Sarà una giornata importante in cui il Venezuela manifesterà nuovamente la propria fede in un sistema, quello democratico, alternativa al “caudillismo latinoamericano” e alla vocazione autoritaria che dovrebbero essere ormai parte del passato. Partecipare è sostenere e difendere l’impianto democratico da quel “cesarismo democràtico” – Laureano Vallenilla Sanz, dixit – che ancora ha simpatizzanti.
Recessione, inflazione, povertà. Il Venezuela, oggi, vive un momento particolarmente difficile. Non si conoscono le dimensioni della crisi economica. Le autorità competenti sono restie a render note statistiche e proiezioni. E allora ci si deve fidare degli organismi multilaterali, delle organizzazioni di categoria, degli istituti di ricerca delle Università e degli economisti d’indiscussa reputazione. Stando al “The World in 2016” della prestigiosa rivista “The Economist”, il Prodotto Interno Lordo, il prossimo anno, soffrirà una contrazione del 6,5 per cento. Anche il 2016, come l’anno che sta per finire, sarà caratterizzato da un processo preoccupante d’inflazione. Oggi viviamo l’anomalo fenomeno della “stagflaction”. Ovvero, l’inconsueto mix di alta contrazione economica alla presenza di una spirale inflattiva che, nel caso del nostro Paese, è quasi iperinflazione.
Ma la “stagflaction”, che in Venezuela caratterizzò gli anni ’80 e principio dei ’90, è oggi accompagnato da un altro fenomeno inquietante: la mancanza di beni di consumo – leggasi latte, burro, uova, pasta, farina, riso, pollo, carne e così via di seguito -, prodotti per l’igiene personale – dalla saponetta allo shampoo, dal dentifricio al deodorante – e medicine di ogni tipo. E’ una carenza che sommata alle lunghe file alle porte dei supermarket per acquistare un prodotto del carrello della spesa, alimenta sentimenti di frustrazione e di rabbia mal repressa. E poi c’è la povertà. A dispetto di quanto affermano le autorità, questa, se diamo credito alle tre più prestigiose università del Paese – “Universidad Central de Venezuela”, “Universidad Católica Andrés Bello”, “Universidad Simón Bolívar” – colpisce già più del 70 per cento delle famiglie e quasi l’80 per cento dei venezuelani.
“Guerra economica”, politiche industriali errate, gestione impropria dei beni pubblici, corruzione. Governo e opposizione, secondo i propri punti di vista, danno una diversa spiegazione dei fenomeni che oggi causano il deterioramento della qualità di vita delle singole persone e delle famiglie che ogni giorno devono fare i conti con la realtà.
Domenica è l’occasione per premiare o castigare Governo o Opposizione. Ma, soprattutto, per dare nuovo ossigeno alla democrazia con la partecipazione e il voto. Restare in casa non è un’opzione. Non può essere una scelta. Il 6 dicembre dobbiamo essere tutti protagonisti, dopo una settimana, quella appena iniziata, di riflessione. Con il voto, anche noi dobbiamo contribuire a costruire il futuro del Paese.

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