Clima: a Parigi un patto per tutelare le riserve idriche

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LE BOURGET. – La mitigazione è solo un aspetto dell’azione internazionale contro il cambiamento climatico. Altrettanto importante è l’adattamento delle popolazioni, e gli interventi per renderle più resistenti, tutelando in particolare l’accesso all’acqua pulita.

“L’impatto del cambiamento climatico si vive soprattutto attraverso l’acqua: troppa acqua porta inondazioni, troppo poca siccità – ha spiegato il direttore esecutivo del Stockholm International Water Institute, Torgny Holmgren – Per questo, trattare sistematicamente il problema dell’acqua è cruciale”.

Per molto tempo, ha aggiunto il ministro francese dell’Ambiente Segolene Royal, “l’acqua e gli oceani sono stati un po’ marginalizzati nell’agenda internazionale. Ma ora sappiamo che il 90% delle catastrofi naturali sono legate all’acqua, che il 40% della popolazione mondiale si confronterà con una penuria d’acqua e il triplo subirà inondazioni nel 2030. Per questo era importante che la questione dell’acqua trovasse il suo posto nel dibattito sulla resistenza ai cambiamenti climatici”.

A questa preoccupazione risponde il ‘Patto di Parigi su acqua e adattamento’, una coalizione di Stati, organizzazioni regionali pei bacini fluviali, aziende ed Ong che lavora per “rendere i sistemi idrici, vere fondamenta dello sviluppo umano sostenibile, più resistenti al cambiamento climatico”.

Ma che si pone anche l’obiettivo di far entrare la tutela dell’acqua nell’agenda delle trattative della Conferenza Onu sul clima. L’impegno nella coalizione coinvolge realtà molto eterogenee: Stati, tra cui l’India, la Cina e il Messico, ma anche consorzi fluviali transfrontalieri come quelli dei bacini del Niger e del Congo, organizzazioni internazionali come la Mediterranean Water Platform, supportata dalla Commissione Europea.

Il Patto è poi affiancato da una Coalizione delle megalopoli, che riunisce 10 grandi città per circa 85 milioni di abitanti, impegnate in una piattaforma di condivisione delle conoscenze e delle buone pratiche e nel finanziamento di progetti di sostegno e tutela delle falde. Questa capillarità è cruciale perché, ha sottolineato Holmgren, “l’acqua è una risorsa sul territorio, quindi conta quello che fanno Paesi, regioni, aree urbane”.

Parallelamente, c’è una forte mobilitazione della società civile, con attori come il Consiglio mondiale dell’acqua e la Confederazione latinoamericana delle organizzazioni comunitarie per i servizi idrici e sanitari (Clocsas). Impegnata su temi come l’accesso all’acqua potabile e la salvaguardia del suolo da erosione e desertificazione, ma anche nella tutela degli ecosistemi marini e degli oceani.

Non va infine trascurato il contributo che possono dare le aziende, impegnandosi a ridurre il loro uso d’acqua e a monitorarne la qualità. A questo scopo è nata la Business alliance for water and climate change, a cui hanno già aderito 27 grandi società, che affianca un lavoro di sensibilizzazione per gli attori del settore privato a un’opera di “mitigazione del rischio” per le acque delle attività produttive.

(di Chiara Rancati/ANSA)

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