Clima: Al Gore, investitori rinuncino alle energie fossili

No-Carbone

LE BOURGET. – “Gli investitori devono capire verso dove si sta andando, altrimenti resteranno intrappolati con degli asset senza valore”, come è successo alle banche con i mutui subprime. L’ex vicepresidente Usa e premio Nobel per la Pace Al Gore lancia il suo messaggio alla comunità finanziaria, dalla Conferenza Onu sul clima: investire in energie fossili non conviene più, non solo per questioni etiche ma anche in termini di profitto economico.

“Ci sono migliaia di miliardi investiti in ‘stranded asset'”, strutture e siti industriali che rischiano una rapida svalutazione a causa del loro elevato impatto ambientale, “e c’è un’illusione che porta a pensare che il loro valore sia molto superiore a quello reale”, ha spiegato, aprendo un dibattito organizzato dal centro studi Carbon Tracker, specializzato in ricerca sul rischio finanziario nell’energia fossile.

Attualmente, ha ricordato, “una delle grandi novità è che gli attori economici, investitori, sviluppatori di tecnologie, ricercatori, sono riusciti a fornire delle soluzioni per le energie rinnovabili che le rendono competitive con gli approcci precedenti”, in termini di costi di produzione e prezzo per gli utenti finali, superando la fatidica soglia del “meno caro”.

La capacità installata delle energie rinnovabili, inoltre, è aumentata tra le 17 e le 20 volte più in fretta di quanto si prevedesse all’inizio degli anni Duemila, ha argomentato ancora Gore, mentre l’efficienza energetica nei Paesi avanzati sta riducendo la domanda ad un passo sempre più rapido.

“Gli investitori devono capire, e molti già lo stanno facendo, che questo processo di superamento (delle tecnologie più inquinanti) avanza in molti modi – ha proseguito – le azioni di questa conferenza sono un modo, un altro sono le azioni di diversi Stati americani o dell’Unione Europea, e degli enti locali, e poi c’è la curva calante dei costi delle energie rinnovabili”.

Per questo, consiglia, “dovete diversificare, prima disinvestire dagli asset più a rischio delle energie fossili e poi investire nelle fantastiche nuove opportunità che emergono nel settore dell’economia a basse emissioni di CO2”.

Secondo i calcoli di Carbon tracker, le aziende attive nelle energie fossili avrebbero oltre duemila miliardi di dollari di investimenti “non necessari”, ed economicamente non redditizi in base alle attuali stime della domanda energetica, programmati per il periodo 2015-2025, di cui quasi 240 miliardi in nuovi impianti.

Tra le società ‘bacchettate’ c’è anche l’italiana Eni, che con i suoi 37,4 miliardi è all’undicesimo posto “per il volume di spese per capitale non necessarie”, in una classifica guidata dalle grandi aziende nord e centroamericane.