Pensionati, sei milioni e mezzo con meno di mille euro al mese

Tre anziani seduti sulle panchine dei giardini pubblici a Napoli in una foto d'archivio.
Tre anziani seduti sulle panchine dei giardini pubblici a Napoli in una foto d'archivio. ANSA / CIRO FUSCO
Tre anziani seduti sulle panchine dei giardini pubblici a Napoli in una foto d'archivio. ANSA / CIRO FUSCO
Tre anziani seduti sulle panchine dei giardini pubblici a Napoli in una foto d’archivio. ANSA / CIRO FUSCO

ROMA. – Il popolo dei pensionati si riduce, a causa della stretta imposta dalla riforma Fornero, ma la spesa dedicata continua a salire, più di quattro miliardi in un anno, superando nel 2014 il 17% del Pil. Tutto si spiega con l’aumento dell’importo medio degli assegni, dovuto agli adeguamenti e al maggior peso delle uscite per vecchiaia, anche se c’è ancora una grossa fetta, il 40,3%, pari a 6,5 milioni di persone, che non riceve più di mille euro al mese.

Inoltre le ‘new entry’, ovvero coloro che hanno riscosso per la prima volta nel 2014, risultano in svantaggio rispetto a quanti sono arrivati prima, con una penalizzazione che supera i 3 mila euro. Fa da contraltare la cerchia di 13 mila ‘fortunati’ con assegni sopra i 10 mila euro.

A fare il punto su pensioni e pensionati è l’Istat, sulla scorta dell’indagine condotta con l’Inps. Un’analisi che conferma le tendenze già osservate, tra cui l’aumento dell’età media dei ritirati per vecchiaia, in rialzo di più di un anno dal 2012 (da 61,6 a 62,8). Un altro effetto della riforma Fornero è la riduzione dei pensionati, la barriera all’uscita ha determinato un calo di 400 mila unità in tre anni. C’è poi una spinta demografica, tanto che uno su quattro risulta over80.

Colpisce soprattutto il rapporto tra pensionati e occupati: ogni 100 persone a lavoro ce ne sono 71 a riposo. E tra le donne è un testa a testa. I divari tra pensionati rimangono quindi aperti, con il ‘gap’ più evidente che si ritrova tra la classe più povera, sotto i 500 euro, che conta 2 milioni di persone, e il gruppo dei 230 mila più ricchi, i cui importi oltrepassano i 5 mila euro mensili, la soglia indicata anche dalla proposta ‘redistributiva’ del presidente dell’Inps, Tito Boeri.

Lo scarto suscita le reazioni dei sindacati, con Cgil, Cisl e Uil che chiedono con un intervento a sostegno dei redditi bassi. Non solo i pensionati non sono tutti uguali, ma anche le pensioni variano: oltre a quelle di vecchiaia, che fanno la parte da leone, ci sono anche quelle ai superstiti, la reversibilità, che spesso rappresentano un doppio assegno: è così per il 25%, circa 4 milioni di italiani. Il sopraggiungere della reversibilità spiega anche tanto, fanno presente dall’Istat, della distanza tra i nuovi e i vecchi.

Quanto alle divergenze tra Nord e Sud, se è vero che oltre la metà della spesa per pensioni va all’Italia settentrionale non si può trascurare che è proprio lì che si concentra l’occupazione e quindi gli ex lavoratori, mentre nel Mezzogiorno si registrano tassi più alti di assegni assistenziali, tra pensioni sociali e di invalidità civile.

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