Iran invoca la vendetta divina, i sauditi come l’Isis

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TEHERAN. – Sue le parole più forti – “la vendetta divina si abbatterà sui politici sauditi” – e sua anche l’immagine più eloquente: un boia bifronte, una parte vestita con l’abito bianco saudita e l’altro con quello nero di Jihadi John, l’impietoso tagliatore di teste dell’Isis.

E’ la Guida suprema Ali Khamenei a dare oggi la versione ufficiale della condanna iraniana all’esecuzione dell’imam Nimr al-Nimr, nel secondo giorno dell’ira sciita contro la monarchia saudita. “Dio onnipotente non rimarrà indifferente – è il monito di Khamenei sul suo sito ufficiale – al sangue innocente, e questo sangue sparso in modo ingiusto affliggerà rapidamente” i nuovi governanti di Riad, quelli guidati da re Salman.

Una condanna ed un rinvio ad una punizione futura che più autorevoli (e minacciosi) non potevano essere, e che si accompagnano a quelle che giungono dalle diverse voci del governo di Hassan Rohani. Le quali hanno anche ammonito i manifestanti a non deragliare dai binari della legalità, come accaduto l’altra notte all’ambasciata saudita, devastata e messa a fuoco nonostante i cordoni ed i rinforzi di polizia pur preventivamente ordinati.

Ma i protagonisti dell’assalto – ‘studenti’ e basiji, i volontari dei Pasdaran, sono spesso protagonisti di simili deragliamenti – evidentemente ben conoscevano la prassi degli attacchi alle ambasciate e anche i confini della semi-illegalità in cui potersi muovere. Tanto che, nonostante il divieto di tornare di fronte alla sede diplomatica di Riad – dove manca da circa un anno il titolare, solo pochi giorni fa si era annunciato l’arrivo del nuovo ambasciatore – e nonostante i circa 50 arresti annunciati dalla magistratura, altre proteste si sono ripetute nello stesso luogo, con scontri e qualche agente ferito.

Proteste concluse con un atto simbolico da parte dei manifestanti: una targa nuova, con il nome dello Sheikh Nimr, al posto di quella che indicava Boustan street. La manifestazione ufficiale intanto si svolgeva a Felestin Square, nel centro della capitale, con un vecchio e nuovo repertorio di slogan contro i sauditi, “mercenari degli Usa”, e il grande e storico nemico, Israele.

Il ministro degli Esteri Javad Zarif ritesseva nel frattempo la sua rete diplomatica, accusando Riad di violazione dei diritti umani e di sostegno al terrorismo in telefonate con la rappresentante della politica estera Ue Federica Mogherini – che ha cercato di “disinnescare le tensioni” e fermare l’escalation – e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, il cui commissario per i diritti umani ha definito “inquietanti” le esecuzioni saudite.

Diritti che per il presidente Rohani sono stati violati da Riad insieme ai valori islamici, mentre le Guardie della rivoluzione insistevano sulle responsabilità del wahabismo e salafismo sunnita di marca saudita nel generare i mostri del terrorismo e dell’Isis.

Ma da Riad la risposta è stata pronta: “Il regime iraniano è l’ultimo al mondo che può accusare gli altri di sostenere il terrorismo”, ha detto un funzionario del ministero saudita, visto che “sponsorizza il terrore ed è condannato dalle Nazioni Unite e da molti Paesi”. Fra i quali gli Usa, che usano ancora il termine per indicare il suo sostegno a gruppi palestinesi di Gaza e a Hezbollah in Libano.

La protesta sciita ha portato a nuovi scontri e arresti in Bahrein, Paese governato da una minoranza sunnita e sostenuto ancora una volta da Riad. In questo quadro sono arrivate le condanne dell’assalto all’ambasciata a Teheran da parte della Lega Araba, mentre gli Emirati Arabi Uniti hanno convocato l’ambasciatore iraniano ed il Consiglio di Cooperazione del Golfo ha espresso sostegno ai sauditi per la loro azione contro il terrorismo.

La linea di frattura tra sciiti e sunniti nella regione continua pericolosamente ad allargarsi.

(di Luciana Borsatti e Mojgan Ahmadvand/ANSA)

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