Frena la locomotiva cinese, sui mercati vendite shock

A stock investor pauses near a display board showing stock prices in green to symbolize a fall in price at a brokerage house in Jiujiang in central China's Jiangxi province Monday Jan. 4, 2016. (Chinatopix Via AP) CHINA OUT
A stock investor pauses near a display board showing stock prices in green to symbolize a fall in price at a brokerage house in Jiujiang in central China's Jiangxi province Monday Jan. 4, 2016. (Chinatopix Via AP) CHINA OUT
A stock investor pauses near a display board showing stock prices in green to symbolize a fall in price at a brokerage house in Jiujiang in central China’s Jiangxi province Monday Jan. 4, 2016. (Chinatopix Via AP) CHINA OUT

MILANO. – Industria che rallenta ancora, nuove regole per i mercati finanziari dove a breve dovrebbe scadere il divieto ai grandi azionisti di cedere le partecipazioni nelle ‘loro’ società, ancora tensioni sullo yuan che si muove contro il dollaro sui minimi da oltre quattro anni.

Il cocktail per le Borse cinesi è stato davvero indigesto, con Shanghai e Shenzhen che per la prima volta hanno fatto scattare lo stop alle contrattazioni dopo aver raggiunto la perdita del 7%. Il malessere per la locomotiva cinese appare comunque più complessivo e di lungo periodo rispetto agli smottamenti dei mercati azionari.

L’indice Pmi manifatturiero misurato da Caixan è sceso infatti a 48,2 punti dal 48,6 di novembre, sotto le attese degli analisti, che si aspettavano una crescita a 48,9. Si tratta del quinto mese consecutivo in calo, la serie negativa più lunga dal 2009. E stare sotto la soglia dei 50 punti segnala sempre una contrazione dell’economia.

Inoltre, fanno notare diversi analisti, la Banca centrale di Pechino anche in questo caso non è sembrata dotata di grande tempismo: in concomitanza con l’avvio della prima seduta di Borsa dell’anno ha fissato un nuovo cambio tra dollaro e yuan a 6,5032, portando la moneta cinese ai minimi dal 2011, con previsioni di possibili ulteriori cali anche in vista della pubblicazione delle minute del Federal open market committee (Fomc) della Federal reserve attesa per metà settimana.

Le tensioni nel Golfo persico sullo scontro tra Arabia saudita e Iran hanno contribuito a far scattare da subito le vendite sui mercati azionari cinesi, con Shenzhen che ha chiuso in calo dell’8,22% e Shanghai del 6,86%, dopo che gli indici sui quali scattano le protezioni ai mercati hanno raggiunto il 7%, facendo quindi debuttare quei ‘circuit breakers’ che rimandano tutti a casa in attesa dell’apertura del giorno dopo.

Lo scivolone ha coinvolto Tokyo che ha perso il 3%, Hong Kong in calo finale del 2,6%, Seul del 2,1% mentre Sidney chiusa per festività ha solo rimandato l’impatto negativo. E la caduta della Cina ha un impatto anche sul settore lusso e moda, che punta a generare ricavi sempre crescenti nell’area: Yoox, nel lunedì nero delle Borse europee, è stato il peggiore tra i tioli a elevata capitalizzazione di Milano, con un calo finale del 7%, Ferragamo ha ceduto il 5% (-31% dal crollo estivo dei listini cinesi) mentre Moncler ha perso il 3,6%, portando lo scivolone complessivo da agosto al 34%.

(di Alfonso Neri/ANSA)

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