Iran blocca i pellegrinaggi alla Mecca. Kuwait, via l’ambasciatore

Pro-Saudi Pakistani supporters of a religious group burn an effigy of American leadership during an anti-Iran rally in Peshawar, Pakistan, Tuesday, Jan. 5, 2016. (ANSA/AP Photo/Mohammad Sajjad)
Pro-Saudi Pakistani supporters of a  religious group burn an effigy of American leadership during an anti-Iran rally in Peshawar, Pakistan, Tuesday, Jan. 5, 2016. (ANSA/AP Photo/Mohammad Sajjad)
Pro-Saudi Pakistani supporters of a religious group burn an effigy of American leadership during an anti-Iran rally in Peshawar, Pakistan, Tuesday, Jan. 5, 2016. (ANSA/AP Photo/Mohammad Sajjad)

TEHERAN. – Non si ricuce la frattura fra l’Iran, che blocca i pellegrinaggi alla Mecca, e l’Arabia Saudita, che si porta dietro anche il Kuwait – dopo Bahrein, Sudan e in misura minore Emirati Arabi Uniti – nella decisione di rompere le relazioni diplomatiche con Teheran, dopo l’assalto alla sua ambasciata durante proteste non autorizzate contro l’esecuzione dell’imam sciita Nimr al Nimr.

Ma si propongono nuovi sponsor di una possibile mediazione anche ad Ankara e Berlino, dopo quelli che si erano già fatti avanti a Mosca, Washington e Parigi, mentre gli inviati dei due Paesi all’Onu scelgono questa sede per esporre le loro ragioni.

La linea ufficiale di Teheran è quella del rammarico per quanto accaduto a Teheran e al consolato di Mashad, di confermare il proprio rispetto dell’obbligo di tutelare le sedi diplomatiche straniere ed il loro personale e di assicurare che i responsabili saranno perseguiti. Ma anche le parole del presidente Rohani – seppur lontane dall’invocazione della “vendetta divina” levata contro i tagliagole sauditi dalla Guida Ali Khamenei – possono pesare come pietre.

Riad non può “coprire” il suo “grande crimine” della messa a morte di al Nimr rompendo le relazioni diplomatiche con l’Iran, ha detto il presidente della Repubblica islamica. Invitando anche i Paesi europei, sempre sensibili al tema dei diritti umani, a battere un colpo contro chi a Riad reprime il dissenso con le decapitazioni.

Un’azione concreta inoltre la decide anche Teheran sospendendo il pellegrinaggio alla Mecca dell’Umra, il cosiddetto ‘piccolo pellegrinaggio’ che si può fare in ogni momento dell’anno, diversamente da quello obbligatorio almeno una volta nella vita per ogni musulmano.

La misura, già nell’aria, è stata annunciata dal portavoce del governo Mohammad Bagher Nobakht. Che tuttavia non l’ha ricondotta esplicitamente alla crisi in atto, ma alla necessità di migliori garanzie per la sicurezza dei pellegrini, dopo la calca che causò migliaia di morti, fra cui centinaia di iraniani, il 24 settembre alla Mecca: un episodio che aveva riattizzato le tensioni con Riad, accusata di aver gestito male tutto l’incidente e di non aver voluto andare a fondo nella ricerca delle responsabilità.

Del resto lo stop ai pellegrini da Teheran non è certo un inedito fra i due Paesi: l’ultima volta era accaduto in primavera, dopo un caso di molestie contro due minori iraniani. Insomma, l’Iran tiene il punto ma non sembra voler cedere alle provocazioni. E tramite lo stesso portavoce del governo contrappone implicitamente anche, alla giovane età del ministro degli Esteri saudita Adel Jubeir, la propria storia millenaria e l’esperienza che ne deriva, assicurando anche in questa vicenda l’equilibrio mantenuto nei negoziati per il nucleare.

Le sue ragioni le invia in una lettera all’Onu – il cui Consiglio di sicurezza ha d’altra parte condannato gli attacchi alle sedi diplomatiche saudite in Iran senza tuttavia citare ne le contestate 47 esecuzioni a Riad né l’unilaterale rottura dei rapporti da parte della monarchia sunnita.

Riad è tuttavia pronta a ricucire i rapporti con Teheran, ha detto l’inviato presso l’Onu Abdallah Al Mouallimi, allargando il campo a quel contesto regionale in cui le nuove tensioni in realtà si riconducono, se la Repubblica Islamica “cesserà di interferire negli affari interni di altri Paesi, compreso il nostro”. E ha anche assicurato che l’Arabia Saudita “continuerà a lavorare duramente per la pace in Siria”.

Una rassicurazione giunta anche dall’inviato speciale dell’Onu in Siria Staffan de Mistura, molto preoccupato dall’ipotesi che le nuove tensioni possano compromettere i colloqui di pace sulla Siria di fine mese.

(di Luciana Borsatti/ANSA)