Cresce la disuguaglianza nel mondo. La forbice si allarga anche in Italia

​​Il boom delle disuguaglianze: cresce il divario tra ricchi e poveri
​​Il boom delle disuguaglianze: cresce il divario tra ricchi e poveri
​​Il boom delle disuguaglianze: cresce il divario tra ricchi e poveri

LONDRA. – Sembrano dilagare a dispetto di tutti gli appelli e di tutti gli slogan le diseguaglianze nel mondo globalizzato. A testimoniarlo, una volta di più, è uno studio dell’Oxfam – ong britannica – secondo il quale nelle mani dell’1% di abitanti privilegiati del pianeta si concentra ormai lo stesso ammontare di ricchezze suddiviso fra il restante 99. E 62 nababbi di numero si sono accaparrati un patrimonio pari a quanto centinaia di milioni di persone, la metà più sfortunata dell’umanità, debbono spartirsi per provare a sopravvivere.

Vertici politici, ricette economiche e fiumi di retorica non bastano evidentemente a sanare la piaga. Anzi, la forbice fra ricchi e poveri continua ad allargarsi in modo inesorabile, denuncia il rapporto, pubblicato non a caso alla vigilia dell’annuale World Economic Forum, in programma questa settimana in Svizzera fra gli eleganti alberghi e gli chalet imbiancati dal candore della neve di Davos.

Un appuntamento frequentato da chi può e non fa. O forse non è in grado di fare abbastanza. A beneficio di quella platea, l’Oxfam calcola che il patrimonio della metà meno abbiente della popolazione mondiale – circa 3,6 miliardi di persone – è sceso del 41% (pari a mille miliardi di dollari) dal 2010 a oggi.

Allo stesso tempo, la ricchezza dei 62 super miliardari dorati che capeggiano le liste patinate degli individui più facoltosi del globo è ingrassata di oltre 500 miliardi di dollari, fino a 1.760 miliardi totali. Alcuni think tank custodi del verbo liberista, in effetti, non credono a queste cifre.

Mark Littlewood, direttore dell’ Institute of Economic Affairs, sospetta addirittura che si tratti di numeri “taroccati”. Mentre Ben Southwood, dell’Adam Smith Institute, intitolato al padre dell’economia di mercato e teorico della dottrina della ‘mano invisibile’, parla di stime “fuorvianti”, suggerendo di considerare altri parametri e dati disaggregati e comunque di focalizzarsi sulla curva del “benessere fra i poveri” (in crescita, dal suo punto di vista, almeno in alcune realtà significative) piuttosto che “sulle fortune dei ricchi”.

Ma Oxfam insiste: sottolinea che la ricerca è stata certificata da esperti del Credit Suisse – non proprio una cellula anarchica – e tratteggia un’economia che “invece di operare per la prosperità di tutti, per le future generazioni e per la sopravvivenza del pianeta” appare un abito tagliato ad hoc su uno scarso “1% della popolazione”.

Fra le misure suggerite per invertire la tendenza, quella di abolire una volta per tutte i paradisi offshore. “L’elusione fiscale delle multinazionali”, avverte Roberto Barbieri, numero uno di Oxfam Italia, riguarda d’altronde anche i Paesi in via di sviluppo e quelli Osce, con un impatto pari a decine e decine di miliardi di dollari volatilizzati.

L’ampliamento del divario sociale vale del resto pure per l’Italia, conferma la sezione dello studio dedicata al Bel Paese stando alla quale l’1% degli italiani controlla quasi un quarto (il 23,4%) della ricchezza nazionale netta. Mentre, fra 2000 e 2015, metà dell’incremento del benessere è finito in tasca ad appena un 10% di fortunati.

Altrove tuttavia va peggio. Negli Usa, cuore dell’impero globale, i 400 miliardari più pingui rastrellano ad esempio 234mila miliardi di dollari, qualunque cosa tale somma significhi. E in base a un’altra ricerca stilata nei mesi scorsi dall’Institute for Policy Studies, 20 paperoni 20 – fra cui filantropi del calibro di Bill Gates, Warren Buffet, Mark Zuckerberg, Jeff Bezos, Larry Ellison, Michael Bloomberg o i fratelli Koch – si ripartiscono l’equivalente di tutti i beni e denari posseduti dal 50% dei loro connazionali, 152 milioni di anime. Al netto delle donazioni esentasse, beninteso.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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