Mercoledì lo sgombero dei migranti a Calais, è bufera

A migrant walks among the tents and huts of the makeshift camp called 'The Jungle' next to the fenced area made of containers used as housing in Calais, France, 15 February 2016. EPA/JULIEN WARNAND
A migrant walks among the tents and huts of the makeshift camp called 'The Jungle' next to the fenced area made of containers used as housing in Calais, France, 15 February 2016. EPA/JULIEN WARNAND
A migrant walks among the tents and huts of the makeshift camp called ‘The Jungle’ next to the fenced area made of containers used as housing in Calais, France, 15 February 2016. EPA/JULIEN WARNAND

PARIGI.- La Francia non può ridursi a del “filo spinato e dei bulldozer”: oltre 250 personalità tra politici, intellettuali e artisti si oppongono alla decisione di sgomberare la cosiddetta ‘giungla’ dei migranti a Calais. Per i firmatari del testo pubblicato sul quotidiano Le Monde, l’evacuazione della parte sud della tendopoli “non è una soluzione”.

Da parte sua, il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, ha assicurato che quello previsto per mercoledì sarà uno sgombero “umanitario”. “Lo Stato – ha detto il ministro in un’intervista a La Voix du Nord – non ha mai dispiegato tanti sforzi umanitari per migliorare la situazione a Calais”. E ancora: “Si tratta di un’operazione umanitaria in cui proponiamo soluzioni a tutti. Il numero di posti offerti per dare un tetto ai migranti è sufficiente per accogliere tutti quanti”.

Venerdì scorso, diverse associazioni e Ong hanno depositato un ricorso al Tar di Lille per rinviare l’operazione. E’ dunque molto probabile che le ruspe non si muoveranno prima del pronunciamento del giudice. Contrariamente a Cazeneuve, volontari e Ong ritengono che le strutture esistenti non siano sufficienti per accogliere l’insieme degli esiliati presenti nella parte sud del campo. “Non abbiamo nessun altro posto dove andare. Se ci sgomberano sarà un grande problema”: l’appello di un rifugiato afghano, intervistato da BFM-TV, è stato ripreso dai media di tutto il Paese.

Qui – ha aggiunto il ragazzo in sandali nonostante il freddo di febbraio – è molto complicato, fa freddo, c’è vento ed è sporco, non abbiamo vestiti, ma spero che non ci spostino. Siamo esseri umani dovremmo essere liberi, e poi non abbiamo nessun posto in cui andare. Se ci sgomberano sarà un grosso problema.

La Francia ha proposto loro due soluzioni: trasferirsi nei vicini container (provvisori e controllati) che contano 1.500 posti letto ma sono in larga parte già occupati o trasferirsi nei 102 centri d’accoglienza distribuiti ai quattro angoli della République. E però secondo il Sécours Catholique il numero di posti non è in ogni caso sufficiente.

Secondo le autorità transalpine nella parte sud della tendopoli sostano appena mille persone ma le associazioni che hanno effettuato diversi censimenti, tenda per tenda, parlano di numeri ben superiori, almeno 3.400. Il rischio, avvertono le Ong, è che molti di loro si ritrovino in una situazione ancora più disperata di quella in cui sono attualmente.

L’attore britannico Jude Law – quasi irriconoscibile sotto a un cappello di lana grigio-azzurro – è arrivato nella tendopoli insieme ad altri artisti britannici. “Bisogna trovare una soluzione”, ha ammonito, aggiungendo: “Dirsi che tanta gente e soprattutto centinaia di bambini non accompagnati vivono in una situazione tanto spaventosa così vicino a Parigi e Londra è scioccante. I due terzi di questo luogo verranno sgomberati e non sappiamo che fine faranno”.

La prefettura – che già da una settimana chiede agli abitanti di lasciare volontariamente la tendopoli – assicura che farà tutto il possibile “per evitare il ricorso alla forza”.