In due giorni poche violazioni, la tregua regge in Siria

Siria: in due giorni poche violazioni, la tregua regge
Siria: in due giorni poche violazioni, la tregua regge
Siria: in due giorni poche violazioni, la tregua regge

ROMA. – Una tregua fragile, quella in Siria, che però regge e ieri ha vissuto il suo secondo giorno tra dichiarazioni di speranza, denunce di violazioni e sporadici incidenti. Sono in gran parte tranquille per la prima volta in cinque anni di guerra le zone dove più intensi fino a venerdì notte erano stati i combattimenti, i bombardamenti degli aerei e dell’artiglieria pesante, le devastazioni e le stragi. Lo riferiscono fonti diverse, mentre testimoni raccontano della gente che sta tornando nelle strade delle città in macerie a far scorte di acqua e cibo.

Soprattutto nella capitale Damasco – dicono – le vie durante il giorno sono state molto animate. La tregua ‘trovata’ su iniziativa di Washington e di Mosca, e appoggiata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu che l’ha ‘benedetta’ con una risoluzione approvata all’unanimità, sta dunque suscitando grandi speranze malgrado la complessità della sua applicazione su un territorio vastissimo, che è comunque solo quello interessato dai bombardamenti Usa e dai combattimenti tra le forze del regime appoggiate dall’aviazione degli alleati russi e i ribelli siriani.

Sono esclusi dal cessate-il-fuoco i jihadisti dell’Isis e di al-Nusra, con i quali non è stato possibile avviare la benché minima trattativa. Ma sono esclusi, secondo la Turchia, anche i curdi del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) che Ankara non smette di definire “terroristi” e che anche oggi sono stati presi di mira dai colpi dell’artiglieria turca.

Il capo del centro russo per la riconciliazione delle parti in Siria, Sergei Kurylenko, ha denunciato anche l’attraversamento del confine siriano “da parte di un gruppo di circa 100 miliziani provenienti dalla Turchia che, insieme ad altri già in Siria, hanno preso il controllo della città di Tal Abyad, 82 chilometri a nord di Raqqa”, da mesi oggetti di sanguinosa contesa tra combattenti curdi e jihadisti dell’Isis.

Le complessivamente poche denunce di violazioni della tregua – una ventina in due giorni, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus) – stanno comunque dando vita a un rimpallo di responsabilità tra i Paesi coinvolti a vario titolo nel conflitto. Così, mentre Mosca mette sotto schiaffo la Turchia, l’Arabia Saudita accusa proprio la Russia e il governo di Damasco di aver compiuto raid aerei senza precisare se si tratta di quelli che hanno colpito sei località nelle province di Aleppo e Hama.

Mentre l’opposizione siriana armata denuncia anche raid aerei americani. In questo fragile contesto, la voce di speranza più forte è stata quella del Papa. “Invito tutti – ha detto – a pregare perché questo spiraglio possa dare sollievo alla popolazione sofferente favorendo i necessari aiuti umanitari, e apra la strada al dialogo e alla pace tanto desiderata”.

Con i consueti distinguo sulla peculiarità delle cosiddette “linee rosse israeliane” che impongono uno stop “dell’aggressione iraniana contro Israele dalla Siria”, anche il premier Benyamin Netanyahu ha sottolineato che lo stato ebraico dà il benvenuto “agli sforzi per raggiungere uno stabile, lungo e reale cessate il fuoco. Qualunque cosa metta fine all’orribile macello in Siria è importante. Prima di tutto – ha concluso – sul piano umanitario”.

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