Confermata la morte dell’italiana Patricia Rizzo

Patricia Rizzo, da FB
Patricia Rizzo, da FB
Patricia Rizzo, da FB

BRUXELLES. – Patricia Rizzo è morta. Dopo giorni di attesa e ricerca angosciosa, è stato il cugino Massimo Leonora ad annunciarlo su Facebook. “Purtroppo Patricia non è più con noi”, ha scritto a fianco di una foto insieme. L’avvenuta identificazione della salma della connazionale, uccisa dal kamikaze alla stazione metro di Maelbeek, è stata confermata anche dalla Farnesina. Nata in Belgio, ma originaria di Calascibetta, in provincia di Enna, Patricia era sposata e mamma di un bimbo, e lavorava come funzionaria di un’agenzia europea, la Erc, che si occupa di ricerca.

Riconosciuta tra le vittime di martedì anche Jennifer Scintu, una ragazza tedesca di origini italiane di 29 anni, un altro nome del triste elenco che lentamente si allunga giorno dopo giorno. Nata e cresciuta in Germania, ma di origine sarde, tornava spesso ad Ales, un piccolo paese dell’Oristanese di cui erano originari i nonni.

Al momento dell’esplosione era al check-in del volo Delta per New York, assieme al marito Alex Waetzmann, ora ricoverato in gravi condizioni in un ospedale di Bruxelles. Di lei, non s’è saputo più nulla, sino a quando la Polizia di Aquisgrana, città dove risiedeva, ne ha confermato il decesso. E in effetti, in questi primi giorni concitati, visto che le autorità belghe evitano di fornire dati ufficiali, sono i Paesi di origine a comunicare uno dopo l’altro i nomi delle vittime.

La foto di Jennifer, sorridente, per giorni è stata postata nella pagina Fb creata proprio per fornire notizie sulle persone scomparse, il luogo dove si sta ricomponendo il triste puzzle di chi ha avuto la cattiva sorte di trovarsi nel posto sbagliato, nel momento sbagliato.

Un destino tragico che unisce sinora persone di dieci nazionalità: oltre a quelle di Patricia, di Jennifer e delle tre vittime già registrate ieri – due belghe e una peruviana – si sono aggiunte nelle scorse ore tre olandesi, un cinese, un britannico, una marocchina, un francese e due americani. David Dixon, inglese, è stato riconosciuto grazie a un calco dentale. Aveva mandato un sms rassicurante dopo le esplosioni all’aeroporto ma ha incontrato la morte nella metro, a Maelbeek, andando a lavorare nel suo ufficio di programmatore.

Era belga Bart Migom, 21 anni, studente di marketing, che si stava imbarcando per raggiungere Emily, la sua ragazza, a New York: “Mi ha inviato un messaggino appena sceso dal trenino per arrivare all’aeroporto, poi di lui non ho saputo più nulla”, ha raccontato alla Cnn. Anche lui riconosciuto grazie al Dna. Di passaporto olandese, ma liberiana di nascita, Elita Weah, 41 anni, stava andando a Boston, per i funerali del secondo marito della madre.

Lascia tre figli piccoli, Loubna Lafquiri, belga-marocchina, insegnante di educazione fisica alla scuola musulmana a Schaerbeek, la stessa zona dove vivevano i suoi carnefici. Stavano tornando a casa, a New York, due fratelli olandesi, Alexander e Sascha Pinczowski, poco più che ventenni. Niente da fare neanche per Andrè Adam, diplomatico franco-belga, 79 anni, ex ambasciatore del Belgio in Zaire negli anni ’90 e dopo in Algeria, quindi ambasciatore a Washington e infine rappresentante presso l’Onu.

C’è anche una vittima cinese: è Frank Deng, 24 anni, di passaggio da Zaventem verso la Slovenia. Infine, il caso degli americani, di cui non si sa molto, se non che almeno due dovrebbero essere stati riconosciuti. Manca l’ufficialità ma si pensa siano Justin e Stephanie Shults.

(di Marcello Campo/ANSA)

Lascia un commento