Record di clandestini alle frontiere, Ue lancia la riforma dell’asilo

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BRUXELLES.- A quasi 12 mesi dal naufragio con oltre 800 morti davanti alla Libia che scosse per qualche settimana le coscienze dei governi europei, anni dopo aver lasciato cadere nel vuoto gli appelli dell’Italia, l’Europa travolta e divisa da migranti e rifugiati cerca ancora una soluzione. Il primo vicepresidente della Commissione, Frans Timmersmans, ed il responsabile per gli affari interni ed immigrazione, Dimitris Avramopoulos, hanno toni da ‘ultimo appello’ presentando le nuove proposte per superare “la crisi dell’immigrazione che resterà con noi a lungo” perché alimentata da “globalizzaizone, cambiamenti climatici, trend economici, guerre e instabilità”.

Sul banco degli imputati i governi che “non mettono in atto le decisioni prese”. Le proposte prevedono la riforma del Regolamento di Dublino che inchioda i richiedenti asilo nei paesi di arrivo, interconnessione delle banche dati per rendere efficaci i controlli alle frontiere esterne della Ue e proposte per creare canali efficaci di immigrazione legale.

Intanto Frontex rilancia l’allarme per i terroristi che si possono nascondere nel flusso di migranti, come evidentemente emerso negli attentati di Parigi e Bruxelles, e certifica che il 2015 è stato l’anno record tanto per gli arrivi di clandestini (1,82 milioni, sei volte di più che nel 2014) quanto per le richieste d’asilo (1,35 milioni, raddoppiate in un anno).

In una intervista alla Bild Francois Hollande accusa la Ue di aver “agito troppo tardi”, ma intanto langue la ‘Strategia per l’immigrazione’ lanciata a maggio scorso. Resta ferma a numeri irrisori la redistribuzione dei 160.000 rifugiati concordati tra i 28. E vanno avanti col contagocce i ricollocamenti previsti dall’accordo con la Turchia.

“E’ vitale frenare i flussi, proteggere le nostre frontiere e salvaguardare l’integrità di Schengen, assicurando che chi ha bisogno di protezione la riceva, evitando di mettere le loro vite nelle mani dei contrabbandieri” afferma Timmermans presentando la ‘Comunicazione’ per la riforma del sistema di asilo che dichiaratamente “non funziona” perché il principio su cui si fonda ‘Dublino’ “non è né equo né sostenibile”.

La Commissione, evidentemente scottata dal sostanziale fallimento della ‘Strategia’ lanciata a maggio scorso, da una parte insiste sul principio della redistribuzione obbligatoria, dall’altra però evita di presentare proposte legislative che potrebbero essere bloccate da veti in Consiglio e Parlamento europeo.

Da Praga però arriva in poche ore il primo ‘no’, con governo e opposizione uniti nel dire che Praga “non accetterà alcun sistema permanente di quote obbligatorie”. Se le “consultazioni” che la Commissione avvierà con Consiglio e Parlamento, una proposta concreta arriverà “prima dell’estate”, promette Timmermans. La ridistribuzione obbligatoria resta però la trave portante della ‘Comunicazione’ in cui sono previste due opzioni per superare Dublino e creare un vero sistema di asilo europeo, con la “armonizzazione” delle regole per la concessione dell’asilo che impediscano lo “shopping dell’asilo” di chi cerca tra i 28 il paese più favorevole.

La prima opzione, che Timmermans definisce ‘Dublino plus’, conserva il principio del ‘paese di prima accoglienza’ accoppiato con una redistribuzione obbligatoria che scatta una volta superata una certa soglia di arrivi. La seconda, definita “più radicale” e sostenuta da Italia e Germania (oltre che da socialisti e liberali al Parlamento europeo), prevede sostanzialmente che i migranti vengano identificati negli hotspot, ma vengano poi ridistribuiti tra i 28 per l’esame delle domande d’asilo e la loro accoglienza.

Il tutto accoppiato da un nuovo quadro legale per chi ha ottenuto l’asilo che, come sottolineano Timmermans ed Avramopoulos, “non avrà diritto di libera circolazione”. Anzi, se sarà pescato fuori del paese europeo che glielo ha riconosciuto, non solo si esporrà vi sarà rispedito ma si esporrà a “sanzioni” e “ripartirà da zero” nel conto dell’anzianità di 5 anni che dà diritto al permesso di soggiorno permanente.

(di Marco Galdi/ANSA)

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