Guerra dei referendum, arriva anche quello del M5s

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ROMA. – M5s si appresta a richiedere il referendum sulle riforme anche attraverso la raccolta di 500mila firme di cittadini, per lanciare una campagna dal basso, ‘tallonando’ la strategia annunciata lunedì dal premier a sostegno del Sì. Da parte sua Renzi ha confermato la data di “metà ottobre” per la consultazione, escludendo così l’ipotesi circolata in ambienti della maggioranza di un referendum prima del pronunciamento della Corte Costituzionale sull’Italicum atteso per il 4 ottobre.

Renzi ha replicato a chi lo accusa di voler trasformare il referendum confermativo di ottobre in un giudizio sul proprio operato; ha parlato dei contenuti della riforma ma aggiungendo: “Per attaccare il governo si dice di discutere nel merito e io sono per parlarne nel merito. Ma se perdo non resto come i vecchi politici aggrappato alla poltrona”.

Ma proprio questo secondo aspetto fa arrabbiare quanti si oppongono alla riforma, come il presidente emerito della Consulta, Ugo De Siervo, uno dei 56 giuristi che ha criticato il testo: “Renzi ha corretto il tiro ma è bene che lo faccia di più. L’impressione che rimane è quella di un plebiscito su se stesso”. E anche Loredana De Petris, capogruppo di SI al Senato non ha dubbi: “Renzi non si illuda: di qui al referendum faremo in modo che tutti sappiano su cosa il popolo italiano è davvero chiamato a votare e a decidere”.

Ma se qualcuno vuole condurre la discussione sui contenuti M5s paradossalmente ritorna sullo schema del plebiscito pro o contro Renzi: “Renzi inizia la campagna del Sì al Referendum? – ha domandato Nicola Morra – Non sa cosa stiamo organizzando noi! Raccoglieremo mezzo milione di firme per mandarlo a casa, con un Referendum popolare contro queste riforme. Un modo democratico per ridare voce ai cittadini”.

M5s ha già richiesto il referendum attraverso i propri parlamentari, ma la Costituzione prevede che lo possano richiedere anche 500mila cittadini. In questo modo il Movimento potrà sfruttare la raccolta delle firme per lanciare la campagna per il no. Inoltre, in base alla legge sui rimborsi elettorali, potrà usufruire di un finanziamento pubblico di 500.000 euro, se riuscirà a raccogliere le firme necessarie.

E altrettanto riceveranno i radicali italiani se riusciranno a raccogliere le firme necessarie ai loro quesiti, dopo che hanno proposto lo spacchettamento del referendum su varie parti della riforma. Una proposta fatta propria da Michele Emiliano, sempre più l’anti-Renzi nel Pd.

Quanto alla strategia per il sì, Renzi ha spiegato di puntare a “comitati da 5 a 50 persone che si autofinanziano e che vanno casa per casa”. Il premier è anche tornato sulla data della consultazione: “Si voterà ad occhio a metà ottobre”.

Domenica 16 ottobre rimane il giorno più probabile, assieme alla domenica antecedente (9) o successiva (23). Quindi niente 2 ottobre, data circolata nei giorni scorsi, in modo da anticipare il referendum a prima della sentenza della Corte costituzionale sull’Italicum, attesa il 4 ottobre. Data per altro impedita dalla legge sui referendum che prevede un margine di oscillazione nei tempi, tra i 175 e i 255 giorni dalla approvazione della riforma in Parlamento. Il che avrebbe precluso un voto prima del 7 ottobre.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)