Istat: lavoro incerto, giovani qualificati ma a casa di papà

giovani

ROMA. – Un Paese di anziani, sostanzialmente benestanti, che mantengono economicamente ma allo stesso tempo ostacolano lo sviluppo delle generazioni più giovani, alle prese con un mercato del lavoro incerto e poco redditizio e con la prospettiva di poter difficilmente raggiungere livelli sociali ed economici migliori dei loro genitori.

Nell’ultimo rapporto annuale l’Istat celebra i 90 anni di attività statistica guardando ai grandi cambiamenti di quasi un secolo di storia italiana e fornendo un’ultima fotografia di un Paese in cui i giovani, per quanto istruiti, al passo con i tempi e qualificati, sembrano schiacciati dalla loro stessa rete di protezione, la famiglia.

La generazione di transizione, quella dei millennials e forse anche la più giovane, quella che l’Istat chiama “delle reti”, costantemente connessa, sembrano aver già perso l’opportunità di salire sull’ascensore sociale che ha invece permesso a tutto il Paese di crescere nei decenni precedenti e per questo restano a casa con mamma e papà, non tanto – o non sempre – come bamboccioni ma per l’impossibilità di mantenersi.

Negli anni l’eccesso di spesa pensionistica ha avvantaggiato enormemente gli anziani, lasciando poco o niente al contrasto della povertà, facendo oggi del nostro Paese uno dei meno efficienti in Europa.

Allo stesso tempo le diseguaglianze sono aumentate: la famiglia ha fatto da paracadute a chi poteva permetterselo e da tappo a chi cercava di accedere ai gradini più alti della scala sociale, rendendo i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

“In Italia – ha spiegato il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva – rimane ancora forte il legame tra i redditi percepiti e il contesto socio-economico della famiglia di provenienza, legame che tende a ostacolare i processi di mobilità sociale”. E forse non è un caso che il rapporto sia stato presentato mentre prosegue la protesta dei ricercatori precari dell’Istituto.

SEMPRE DI MENO E SEMPRE PIU’ VECCHI – La popolazione italiana diminuisce e invecchia. Al 1 gennaio 2016 la stima è di 60,7 milioni di residenti (139 mila in meno sull’anno precedente) mentre gli over 64 sono 161,1 ogni 100 giovani con meno di 15 anni. Il nostro Paese è tra i più invecchiati al mondo, insieme a Giappone e Germania, e tocca il nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia per le nascite: nel 2015 sono state 488 mila, 15 mila in meno rispetto al 2014. Per il quinto anno consecutivo diminuisce la fecondità, solo 1,35 i figli per donna. Siamo molto lontani dal periodo del baby boom (dal 1946 al 1965), quando il numero medio di figli per donna arrivò all’apice di 2,7.

GIOVANI TROPPO QUALIFICATI, 1 SU 4 HA CONTRATTI A TEMPO – Oltre un ragazzo su tre tra i 15 e i 34 anni è “sovraistruito”, troppo qualificato per il lavoro che svolge. La quota è 3 volte superiore a quella degli adulti (13%). Le professioni più frequenti nell’approccio al mercato del lavoro siano quelle di commesso, cameriere, barista, addetti personali, cuoco, parrucchiere ed estetista. Tra i giovani inoltre è più diffuso il part time, soprattutto involontario (77,5% dei part timer giovani, contro il 57,2% degli adulti), “ad indicare un’ampia disponibilità di lavoro in termini di orario che rimane insoddisfatta. Anche il lavoro temporaneo è diffuso soprattutto tra i giovani: ha un lavoro a termine un giovane su 4 contro il 4,2% di chi ha 55-64 anni.

BAMBINI NUOVI POVERI, ANZIANI STANNO MEGLIO – I minori sono i soggetti che hanno pagato il prezzo più elevato della crisi in termini di povertà e deprivazione, a dispetto delle generazioni più anziane. L’incidenza di povertà relativa per gli under18, che tra il 1997 e il 2011 aveva oscillato su valori attorno all’11-12%, ha raggiunto il 19% nel 2014. Al contrario, tra gli anziani – che nel 1997 presentavano un’incidenza di povertà di oltre 5 punti percentuali superiore a quella dei minori – si è osservato un progressivo miglioramento che è proseguito fino al 2014 quando l’incidenza tra gli anziani è di 10 punti percentuali inferiore a quella dei più giovani.

ANZIANI PIÙ SPRINT, BABY BOOMER INVECCHIANO MEGLIO – Con le loro condizioni economiche, i nuovi anziani hanno migliorato anche i loro standard di vita grazie all’aumento dei livelli di istruzione e di benessere economico, a stili di vita via via più salutari, a prevenzione e progressi in campo medico. La generazione dei baby boomer, cioè coloro che sono nati dal 1946 al 1965, arrivano alla soglia dell’età anziana in condizioni di salute decisamente migliori rispetto alle precedenti.

2,2 MLN FAMIGLIE JOBLESS, SENZA REDDITI LAVORO – Le famiglie “jobless” sono passate dal 9,4% del 2004 al 14,2% dell’anno scorso e nel Mezzogiorno raggiungono il 24,5%, quasi un nucleo su quattro. La quota scende all’8,2% al Nord e al 11,5% al Centro. Anche in questo caso i giovani sono i più penalizzati: l’incremento ha riguardato le famiglie giovani rispetto alle adulte: tra le prime l’incidenza è raddoppiata dal 6,7% al 13%, tra le seconde è passata dal 12,7% al 15,1%.

ITALIA ESCE DA CRISI PROFONDA MA CAMMINA PIANO – Il quadro dipinto è quello che emerge da una recessione “lunga e profonda, senza più termini di paragone nella storia in cui l’Istat è stato testimone in questi 90 anni”. Oggi il Paese sperimenta “un primo, importante, momento di crescita persistente anche se a bassa intensità”. Rispetto ai precedenti episodi di espansione ciclica la ripresa produttiva è infatti decisamente più fragile.

(di Mila Onder/ANSA)