Comunali, 14 “impresentabili”. Bindi: Liste civiche varco per mafie

Comunali, 14 "impresentabili" Bindi: Liste civiche varco per mafie
Comunali, 14 "impresentabili" Bindi: Liste civiche varco per mafie
Comunali, 14 “impresentabili” Bindi: Liste civiche varco per mafie

ROMA. – La presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi l’aveva detto tempo fa: quest’anno lo screening sulle candidature non arriverà in zona Cesarini. E così non è stato. A cinque giorni dal voto per le comunali del 5 giugno che riguarderà oltre 1.300 comuni, l’Antimafia ha presentato i 14 nomi dei cosiddetti “impresentabili”, ovvero di coloro che sono incandidabili per la Legge Severino (8 in tutto), o che pure essendo candidabili dovrebbero poi essere sospesi sempre per la stessa legge (3 casi) o infine che sono “impresentabili” perché hanno commesso reati previsti dal Codice di autoregolamentazione delle candidature votato all’unanimità da tutti i partiti e che è più restrittivo delle stesse leggi esistenti (3 casi).

Tutti i 14 nomi (7 a Battipaglia, 5 a Roma, 2 in Calabria) fanno parte di liste civiche, “e che le liste civiche fatte nel modo che abbiamo visto siano un varco per le mafie è indubbio. Conosciamo anche liste civiche nate come capacità di riscatto, ma il 100% di liste civiche in quasi tutti i comuni sciolti per mafia, qualcosa vorranno dire”, ha evidenziato Bindi.

La quale ha sottolineato la necessità di un tagliando alla legge Severino (“a parte il gioco strano tra incandidabilità e ineleggibilità, un altro aspetto da rivedere riguarda le pene”) e ha rinnovato un forte appello alla politica: “I partiti devono decidersi a metterci la faccia; se vogliamo estirpare la mafia, ci vogliono forze politiche chiare, che non fanno operazioni trasformistiche: ricostruendo la storia di alcune liste civiche si trovano candidati cacciati da un partito che si alleano con pezzi di avversari.

In un comune, le tre famiglie di riferimento ‘ndranghetista hanno piazzato i loro candidati ciascuna in una delle tre liste. Diano Marina potrebbe presentare un certo interesse da questo punto di vista”, ha concluso rispondendo ai giornalisti.

Il vicepresidente dell’Antimafia, Claudio Fava ha puntato l’attenzione sul comune di Platì, in Calabria, su cui l’Antimafia ha fatto un focus, essendo stato commissariato ben 15 volte. “Nessun candidato – ha detto Fava – viola il Codice di autoregolamentazione ma decine di candidati hanno comprovati rapporti di amicizia con le cosche che gestiscono il territorio e che fanno essere concreto il pericolo che questo comune continui ad avere una democrazia sospesa”.

Per il senatore Giuseppe Lumia, “sarebbe utile anticipare a 60 giorni, anziché a 40, la presentazione delle candidature. Serve poi una banca dati sui carichi pendenti per non consentire a chi non è in regola di farsi beffa della nostra democrazia”.

“Dal nostro lavoro – ha sottolineato il capogruppo Pd Franco Mirabelli – emerge con evidenza l’esigenza di guardare con attenzione alle liste civiche, che rischiano di essere nei comuni più facilmente infiltrabili e di continuare a monitorare alcuni dei comuni a più alta concentrazione di criminalità organizzata. E’ inoltre necessario valutare modifiche alla legge sullo scioglimento per evitare che nei comuni commissariati si riproduca la situazione precedente”.

Il segretario dell’Antimafia Marco Di Lello, ha evidenziato “il ritardo con cui anche quest’anno si è arrivati all’esito della verifica che impone una riflessione all’intero Parlamento perché trovi nuovi strumenti normativi per consentire alle Istituzioni e ai partiti di verificare anche l’opportunità di qualche candidatura”.

Per il Pd Davide Mattiello, “la denuncia della Commissione Antimafia è un atto d’amore verso la politica. In queste settimane è stato immenso il lavoro dei funzionari e dei consulenti della Commissione per arrivare al risultato presentato dalla Presidente Bindi: uno sforzo che già di per sé denota quanto sia complicato, con gli strumenti esistenti, verificare almeno che i candidati non abbiano dichiarato il falso pur di competere”.

La Relazione approvata all’unanimità dall’Antimafia evidenzia tra l’altro come uno dei candidati a sindaco a Roma – è poi emerso che si tratta di Simone di Stefano, candidato di Casapound – è stato arrestato in flagranza per furto aggravato nel dicembre 2013 e si sofferma sulle gravi carenze dei vertici del Campidoglio che hanno consentito il proliferare di Mafia Roma.

Bindi ha infine evidenziato l’esigenza di una profonda revisione delle norme sullo scioglimento degli enti locali per infiltrazione mafiose e l’opportunità della cosiddetta terza via, come intervento da applicare nei casi in cui non sia stato possibile riscontrare il condizionamento mafioso ma siano comunque emerse situazioni opache o di criticità che l’amministrazione non è in grado di affrontare.

(di Valentina Roncati/ANSA)

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