Usa2016: Hillary ce l’ha fatta, ma che fatica!

US Democratic Party presumptive Presidential candidate and former Secretary of State Hillary Clinton speaks to her supporters during a Primary Night campaign event at the Brooklyn Navy Yard in Brooklyn, New York, USA, 07 June 2016. EPA/PETER FOLEY
US Democratic Party presumptive Presidential candidate and former Secretary of State Hillary Clinton speaks to her supporters during a Primary Night campaign event at the Brooklyn Navy Yard in Brooklyn, New York, USA, 07 June 2016. EPA/PETER FOLEY
US Democratic Party presumptive Presidential candidate and former Secretary of State Hillary Clinton speaks to her supporters during a Primary Night campaign event at the Brooklyn Navy Yard in Brooklyn, New York, USA, 07 June 2016. EPA/PETER FOLEY

di Flavia Romani

NEW YORK – Ce l’ha fatta. E’ lei, Hillary Clinton, la candidata dei democratici nella corsa alla Casa Bianca. Non ci sono più dubbi. Con il trionfo in California ha rimosso l’ultimo ostacolo. I pronostici, quindi, sono stati rispettati.

Ma che fatica! Mai, prima d’ora, una campagna per le primarie era stata così avvincente, così incerta, così lunga. E mai, prima d’ora, un candidato aveva legato il proprio futuro alla speranza. Bernie Sanders, ora, dovrà arrendersi, sconfitto più che dall’ex First Lady dall’evidenza della matematica.

La conferma definitiva della sua incoronazione, per Hillary Clinton, è arrivata dal “super-tuesday”. La Associated Press, alla vigilia dell’importante appuntamento in California, già l’aveva proclamata “candidata democratica”.

Sommando il numero dei delegati a quello dei super-delegati che avevano espresso pubblicamente il proprio sostegno all’ex First Lady, era evidente che la corsa di Bernie Sanders era giunta a conclusione.

Con i super delegati, i dignitari del partito per lo più membri del Congresso e Governatori, la soglia dei 2.383 voti necessari alla “Convention” era largamente superata.

Dopo le primarie in California, Clinton potrà fare anche a meno dei super-delegati. La base del partito la proclama vincitrice.

Quindi, ora, si entra in una nuova fase della campagna elettorale. Ovvero, si entra nel vivo della corsa verso la Casa Bianca. Archiviata la “lunga marcia” verso le primarie, senza più la spina nel fianco di Sanders, Clinton potrà dedicarsi ad affrontare a tutto campo l’avversario Trump.

Questi, inseguito dallo scandalo della “frode al fisco” denunciato dal Telegraph in Inghilterra e dalle accuse di truffe ai danni degli studenti della Trump University, cui esigeva alte rette in cambio di corsi inutili e diplomi-patacca, naviga in acque agitate.

A renderle ancor più burrascose il coro di accuse di razzismo, al quale si è unito anche il presidente della Camera Paul Ryan, repubblicano. I prossimi mesi, per Trump, potrebbero essere davvero difficili. E far emergere tutti gli aspetti vulnerabili della sua candidatura.

Vincere negli Stati Uniti senza i voti delle minoranze etniche non è solo difficile, è praticamente impossibile.

Hillary Clinton, nelle prossime ore, spera nel “fair play” del suo avversario, Bernie Sanders; lo stesso “fair-play” che lei, da politica navigata, mostrò otto anni fa quando perse le primarie con Barack Obama e pronunciò il celebre discorso del “soffitto di vetro spezzato”, considerato dagli analisti il più bello mai pronunciato dalla Clinton.

Ma il vecchio “socialista” del Vermont pare voglia continuare fino all’ultimo la sua ormai inutile corsa.

Il presidente della Repubblica, Barack Obama, ha già dato l’endorsement a Hillary Clinton, e lo ha fatto nel riconoscere il suo trionfo alle primarie e nell’invitare i democratici all’unione. Sarà il messaggio che molto probabilmente darà a Sanders nel corso dell’incontro previsto con il candidato, invitandolo a deporre le armi e a mostrare dignità ed eleganza.

Per Hillary Clinton le difficoltà non terminano con la vittoria nelle primarie. Gli scogli, per tornare alla Casa Bianca non da First Lady ma da “Comander in Chef”, sono tanti. In effetti, dovrà superare la riluttanza di una società progressista e aperta sulla carta ma, nel fondo, ancora “machista” e conservatrice che si resiste all’idea di un presidente della Repubblica donna, così come si resisteva a quella di un afroamericano alla “Casa Bianca”.

Inoltre, dovrà convincere gli elettori di essere la candidata ideale, in un momento particolarmente difficile per gli Stati Uniti. E, in questo, l’aiuto di Sanders sarà fondamentale.

L’endorsement di Sanders assicurerebbe il voto giovane e di protesta. Sarà difficile. Sanders, fin dall’inizio della sua campagna per le primarie, ha accusato Clinton di rappresentare tutto ciò contro cui ha sempre lottato. Ovvero, i grandi capitali e Wall Street, le lobby dei banchieri, la politica tradizionale.

Da oggi, comunque, senza importare quella che sarà la decisione di Bernie Sanders, la campagna elettorale avrà un nuovo volto. E la lotta sarà tra il magnate del mattone, Donald Trump, esponente dell’America più reazionaria e xenofoba e l’ex First Lady, rappresentante dell’America che vuole cambiare.