La senatrice Warren vice di Clinton? Sono pronta

Elizabeth Warren e Hillary Clinton durante un'udienza al Senato
Elizabeth Warren e Hillary Clinton durante un'udienza al Senato
Elizabeth Warren e Hillary Clinton durante un’udienza al Senato

WASHINGTON. – Ora sono tutti uniti con Hillary contro Trump “il razzista e aspirante tiranno”, probabilmente tra poco anche il suo rivale Bernie Sanders.

La candidata democratica alla Casa Bianca ha incassato tre endorsement pesanti che suggellano forse la sua migliore settimana nelle primarie: prima quello di Barack Obama, poi quello del vicepresidente Joe Biden ed infine quello della senatrice Elisabeth Warren, icona liberal del partito, che oggi ha incontrato per oltre un’ora nella sua casa di Washington alimentando l’ipotesi di un ticket tutto femminile, altro possibile primato storico dopo il traguardo della prima nomination ad una donna.

Un “grande onore” riceverli, ha detto oggi tornando ad aggredire il candidato repubblicano in un centro per la pianificazione familiare a Washington: “Vuole tagliarvi i fondi e portare indietro le lancette dell’orologio, quando l’aborto era illegale, le donne avevano molte meno opzioni e la vita per troppe donne e ragazze era limitata”, ha denunciato, ricordando tutti gli epiteti “disgustosi” usati dal tycoon contro le donne.

Il suo è l’ultimo di una serie di attacchi convergenti dai pezzi da novanta del partito contro il tycoon, che fatica invece a guadagnarsi l’unità dei repubblicani. Obama ha criticato più volte Trump, pur senza mai nominarlo, e ospite del ‘Tonight Show’ di Jimmy Fallon, lo ha sbeffeggiato quando gli è stato chiesto se di recente ha seguito la vittoria del magnate alle primarie: “No, ma ho visto il mio nuovo show preferito, ‘Orange is Not the New Black'”, un riferimento al colore dei capelli del tycoon.

Poi è stato il turno di Biden: “La condotta di Donald Trump sta letteralmente minando la fiducia nella giustizia e rischia di danneggiare l’indipendenza dei giudici. I suoi comportamenti sono riprovevoli e razzisti, puzzano di autoritarismo e di tirannia”, ha incalzato, commentando l’attacco del tycoon al giudice “messicano” che si sta occupando del caso della Trump University.

“Un razzista prepotente e permaloso. Un aspirante tiranno”, ha infine affondato la Warren, che pur essendo stata l’unica senatrice democratica a non sbilanciarsi nelle primarie ha ingaggiato da tempo un duro scontro, anche via twitter, con Trump.

E proprio lei potrebbe essere il numero 2 del ticket di Hillary. “Io sono pronta”, ha fatto sapere. Tra loro non c’è un legame profondo ma l’intesa sta crescendo, con reciproci attestati di stima. L’eventuale scelta delle senatrice avrebbe pro e contro.

Potrebbe giocare a sfavore il fatto di un tandem tutto al femminile con due donne vicine ai 70 anni. Trump ci spera, anche se forse sotto sotto la teme: “Di nuovo Pocahontas (così l’ha soprannominata per le sue origini legate agli Indiani d’America, ndr)! La stupida Elisabeth Warren, uno dei senatori meno produttivi, ha una bocca odiosa. Spero che sia scelta Vp”, ha twittato.

Ma ci sarebbero anche indubbi vantaggi per Hillary: non solo poter contare su un ‘cane da attacco’ formidabile, ma anche su una figura capace di attrarre l’elettorato giovane e liberal di Sanders. Anche quest’ultimo potrebbe vederla come una garanzia per una piattaforma più di sinistra, convincendosi a serrare i ranghi, dopo aver incassato in qualche modo l’onore delle armi da Obama e dai vertici del partito democratico.

In ogni caso ci penserà anche il presidente, che gode di una popolarità sopra al 50%, a dare una mano a Hillary dove è più debole, ad esempio tra i giovani, tra gli indipendenti, facendo campagna con lei negli swing states, ossia negli stati in bilico. Prima uscita insieme la prossima settimana in Wisconsin.

Trump ha già cominciato ad usare la carta del “terzo mandato di Obama” e l’ha nuovamente accusata per i suoi discorsi pagati a peso d’oro da Wall Street e per l’Emailgate, tornato a perseguitarla per una serie di email tra diplomatici americani a Islamabad e i loro superiori a Washington sugli attacchi con droni.

E, davanti ad una platea di cristiani evangelici del movimento Fede e libertà, ha cercato di riposizionarsi sottolineando il suo impegno per le cause conservatrici, per la fede, la famiglia e la vita, con una virata sull’aborto.

Ma per ora continua a essere protagonista di guai giudiziari (in 30 anni 3.500 cause, di cui 60 recenti, per lavori non pagati) e stenta ad unire i repubblicani: il leader della maggioranza Mitch McConnell ha ammesso che non ha esperienza su tante cose e lo ha invitato a trovare un numero due “altamente sperimentato”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)