Brexit: sterlina a picco, tremano i fondi immobiliari

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ROMA. – La sterlina crolla sotto gli 1,28 dollari, in quella che qualcuno definisce una ‘terra di nessuno’, e tre fondi immobiliari di statura globale congelano gli investitori di fronte alla fuga da uno dei pilastri dell’economia britannica.

A meno di due settimane dal referendum che ha decretato la ‘Brexit’, l’addio della Gran Bretagna all’Ue continua a creare scossoni preoccupanti, mentre la politica interna è in una situazione talmente caotica da lasciare quasi interamente alla banca d’Inghilterra il ruolo di pompiere.

Il governatore Mark Carney è intervenuto ieri, ma senza riuscire a sgombrare dal campo i timori dei mercati, come dimostra il cambio della sterlina a nuovi minimi di 31 anni, sceso brevemente fin sotto gli 1,28 dollari. Timori economici, di fronte alla probabile recessione destinata a protrarsi almeno per tutto il secondo semestre di quest’anno. Ma anche e soprattutto timori di carattere finanziario.

Di fronte alla corsa di molti investitori a chiedere il rimborso nelle proprie quote, M&G Investments, Aviva Investors e Standard Life Investments hanno sospeso le contrattazioni dei loro fondi sulle proprietà commerciali, congelando di fatto asset per un valore 11,9 miliardi di dollari.

Le motivazioni addotte bastano a far tremare i polsi: una “mancanza di liquidità immediata” per Aviva, un forte rialzo dei rimborsi causa “incertezza” per M&G. Nella realtà, ciò che spaventa i mercati, tenendo pressione sulla Borsa di Londra anche oggi negativa (-1,25%), è il rischio che si inneschi un circolo vizioso, con le richieste di rimborso degli investitori esteri, preoccupati dal crollo della sterlina e dal futuro della City, in grado di costringere i fondi a una liquidazione a prezzi da ‘svendita’: ci vuole tempo a vendere proprietà commerciali in piazze come quella di Londra dopo il referendum del 23 giugno. Una spirale che a sua volta farebbe crollare i prezzi.

E’ il rischio di un effetto domino, con cui Carney sta lottando a suon di promesse di politica monetaria ultra-espansiva. Una situazione che a detta di qualche investitore americano assomiglia drammaticamente ai mesi che precedettero il disastro finanziario del 2008 culminato con il collasso di Lehman Brothers. Allora le scosse telluriche pre-crisi partirono dagli hedge fund della defunta Bear Stearns.

La Gran Bretagna non sembra vicina a quei livelli di rischiosità finanziaria, ma altri fondi immobiliari, come quelli di Aberdeen, stanno a guardare con preoccupazione e cercano di far fronte alla liquidità richiesta dai clienti.

Nessuno sa esattamente cosa succederà al mercato immobiliare inglese, che fa parte della spina dorsale dell’economia, dopo il divorzio con Bruxelles e il crollo, in una manciata di giorni, della sterlina del 15% e della Borsa del 10%. Nessuno sa cosa faranno delle loro case milionarie gli sceicchi arabi, i magnati russi, gli investitori cinesi o americani, o, peggio, del loro quartier generale londinese i super-manager delle multinazionali e della finanza di fronte al territorio sconosciuto in cui la Gran Bretagna sembra essersi avventurata.

(di Domenico Conti) (ANSA)

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