Bce e Fmi in campo, in Italia nodo stabilità politica

Lagarde (Fmi) e Schauble (Eu)
Lagarde (Fmi) e Schauble (Eu)
Lagarde (Fmi) e Schauble (Eu)

ROMA. – Obiettivo: un compromesso che salvi la credibilità delle regole europee sulle banche, come vuole Berlino. Ma allo stesso tempo eviti all’Italia un ritorno all’instabilità, che da finanziaria, è il timore, potrebbe diventare politica.

E’ quello su cui ragionano in queste ore i policy-maker di livello più alto in Europa e non solo, visto che il Fondo monetario internazionale chiede di interpretare “in modo flessibile” le norme sui salvataggi bancari.

I mercati prendono nota, con un rimbalzo, insolito alla vigilia di un weekend, dei titoli bancari che suggerisce l’attesa per uno sblocco della trattativa. Dopo la freddezza di Bruxelles sull’idea di evitare perdite agli investitori in un salvataggio pubblico per le banche italiane, e con i crolli in Borsa di Mps a sottolineare l’urgenza, è intervenuta la Bce.

Il presidente Mario Draghi non si espone direttamente sull’Italia ma da tempo invita a non essere dogmatici sugli aiuti di Stato. Ma il suo vice, Vitor Constancio, si è riferito ai sistemi bancari di “alcuni paesi” (chi vuole intendere intenda) spiegando che le regole vanno applicate, certo, ma nel loro insieme, “incluso il possibile utilizzo della deroga per ragioni di stabilità finanziaria”.

Il riferimento è all’articolo 45 della comunicazione della Commissione Ue sugli aiuti di Stato alle banche, che permette, se si rischia l’instabilità finanziaria, di salvare le banche con i soldi dei contribuenti in deroga al principio generale che impone di far pagare, convertendoli in azionisti, i titolari di bond subordinati. Constancio, letto in controluce, vuol dire: in questa fase, quei rischi d’instabilità esistono agli occhi dell’Eurotower.

Non sono un’invenzione italiana. Di fatto un assist al governo. Un’àncora di salvezza finanziaria: banche di rango come Goldman Sachs stimano 40 miliardi di euro necessari per tirare le banche italiane fuori dalle secche. Nessuno può escludere un domino finanziario europeo se la ‘condivisione degli oneri’ nel in un ‘bailout’ italiano sfuggisse di mano.

Ma è un’àncora anche politica. Con le incertezze sull’esito del referendum a ottobre, la ripresa economica ridimensionata, e dopo l’esito del voto amministrativo, in molti temono che un irrigidimento europeo rischi ripercussioni politiche pericolose per il governo Renzi.

E’ vero che l’Europa ha concesso di evitare perdite ai risparmiatori. Ma non va dimenticato, si ragiona, fra gli ‘istituzionali’, quelli chiamati a pagare, ci sono le fondazioni, snodo del potere politico locale.

L’Economist, con una copertina che ritrae un autobus tricolore sull’orlo di un burrone, scrive che un’applicazione rigida delle regole “danneggerebbe gravemente Renzi, distruggendo le sue speranze di vincere il referendum” a cui ha legato la vita del governo: “gestita male, la situazione italiana potrebbe segnare il disfacimento dell’Eurozona”.

E’ in questo clima che Constancio ha invitato tutti a una “profonda riflessione”. Interessante che sia seguito il silenzio da parte di Bruxelles, dopo l’affondo intransigente verso Roma fatto da Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo. Da ambienti europei filtra la volontà di prendersi, appunto, una pausa di riflessione.

Tace, soprattutto, Angela Merkel, da cui potrebbe dipendere l’esito finale del negoziato, e che – anche se non è in programma ufficialmente nessun incontro bilaterale – avrà certo occasione di vedere Renzi al vertice Nato a Bruxelles.

Il 29 giugno la cancelliera aveva bacchettato Roma (“non possiamo ridiscutere le regole bancarie ogni due anni”). Da qualche giorno tuttavia sarebbe partito un canale diplomatico per risolvere il più incisivamente possibile la matassa dei problemi bancari italiani.

La prospettiva di destabilizzare non solo i mercati, ma potenzialmente un partner politico primario, potrebbe essere più costosa, in vista del voto tedesco l’anno prossimo, di qualche concessione all’Italia.

(Domenico Conti/Ansa)