Ex leader del Ku Klux Klan, David Duke, vuole candidarsi in Louisiana

Former Ku Klux Klan leader David Duke formally announces on the steps of the Capitol in Atlanta that he is a candidate for the Democratic nomination for president of the United States, June 9, 1987. (AP Photo/Linda Schaefer) ORG XMIT: APHS306773
Former Ku Klux Klan leader David Duke formally announces on the steps of the Capitol in Atlanta  that he is a candidate for the Democratic nomination for president of the United States, June 9, 1987. (AP Photo/Linda Schaefer) ORG XMIT: APHS306773
Former Ku Klux Klan leader David Duke formally announces on the steps of the Capitol in Atlanta that he is a candidate for the Democratic nomination for president of the United States, June 9, 1987. (AP Photo/Linda Schaefer) ORG XMIT: APHS306773

NEW YORK. – Effetto Trump in Louisiana: nello stato di Baton Rouge dove la polizia ha ucciso il ragazzo nero Alton Sterling, l’ex Gran Maestro del Ku Klux Klan David Duke sta “pensando seriamente” di candidarsi per un seggio a Capitol Hill.

Duke, che si vede “come l’unico, una volta eletto, capace di difendere i diritti dei discendenti degli europei in America”, sta meditando di sfidare il deputato repubblicano Sam Scalise, numero tre nelle gerarchie della Camera: uno che a sua volta si è definito un “David Duke senza il suo bagaglio”.

L’ex Grand Wizard ha spiegato che “la goccia che ha fatto traboccare il vaso” è stata la strage dei poliziotti bianchi di Dallas. “Non mi piace dire che avevo ragione, ma avevo ragione”, ha proclamato al Daily Beast: “Se gli europei-americani non mostrano una spina dorsale, perderanno tutto quello che amano in questo paese”.

Duke è convinto che il 2016 sia l’anno in cui potrà vincere a causa delle nuove tensioni razziali. Che la quasi candidatura di un paria della politica americana sia frutto dell’effetto Trump lo spiega il New York Times: “in innumerevoli collisioni di colore e di fede, il nome Trump evoca un messaggio facilmente comprensibile di ostilità razziale”.

Sfidando le convenzioni moderne di cortesia e linguaggio politico, Trump ha sdoganato i confini che finora avevano tenuto a freno le discussioni sul tema della razza. Ha attaccato i messicani come criminali, chiesto il bando dei musulmani, criticato che gli Stati Uniti “non fanno entrare gente dall’Europa”.

Tutti temi che risuonano nel messaggio di Duke. In un paese dove il potere economico e politico è tuttora in mano a una piccola minoranza bianca, il miliardario di Fifth Avenue sta dando voce alla rabbia di bianchi che non si sentono affatto potenti e privilegiati e così facendo, osserva il New York Times, “ha aperto la porta a affermazioni di identità bianca e di risentimento che in America non si sentivano da oltre mezzo secolo”.

Con rare eccezioni, ad esempio nella Louisiana di Duke. “Ho detto tutto quello che dice Trump e di più. Trump corre sull’onda del movimento che ho nutrito per 25 anni”, ha osservato l’ex KKK che nel 1974 aveva fondato un capitolo di incappucciati ed era stato eletto al parlamento statale nel 1989.

Era stato l’ultimo incarico pubblico: dopo un vano tentativo nel 1990 per il Senato, nel 1991 aveva partecipato alla corsa a governatore e aveva perso.

(di Alessandra Baldini/ANSA)

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