Draghi apre all’intervento dello Stato sulle banche

photograph made available on 13 March 2016 showing a Euro symbol projected onto the European Central Bank (ECB) in Frankfurt am Main, Germany 12 March 2016. EPA/BORIS ROESSLER
photograph made available on 13 March 2016 showing a Euro symbol projected onto the European Central Bank (ECB) in Frankfurt am Main, Germany 12 March 2016.  EPA/BORIS ROESSLER
photograph made available on 13 March 2016 showing a Euro symbol projected onto the European Central Bank (ECB) in Frankfurt am Main, Germany 12 March 2016. EPA/BORIS ROESSLER

ROMA – Mario Draghi ‘apre’ ai paracadute pubblici sulle banche, “in circostanze eccezionali” e di fronte a “un mercato dei crediti deteriorati” non funzionante che obbligherebbe alla svendita. Per questo il presidente della Bce invita a iniziare a risolvere quanto prima il “grande problema” delle sofferenze degli istituti italiani, anche con una serie di misure da parte del governo per rendere le cessioni degli Npl possibili; perché, sottolinea, la soluzione comunque “richiede tempo”.

Una linea condivisa dal Fondo Monetario Internazionale, che in vista del G20 invita l’Europa ad affrontare il nodo banche, perché rappresentano un rischio per la crescita. Mentre Confindustria alimenta, alla luce degli stress test e delle difficoltà a smaltire le sofferenze, il pericolo di una nuova fase di credit crunch.

Nonostante l’ipotesi rilanciata da Draghi non sia una novità, perché contemplata già nelle regole, il presidente della Bce l’ha voluta ribadire rispondendo a diverse domande dopo la riunione del board, proprio nel momento in cui si fa sempre più strada l’idea di una garanzia, ancorché solo potenziale, dello Stato sulla ricapitalizzazione di Mps dopo una cessione degli Npl.

Le parole di Draghi, ampiamente festeggiate dalle banche di tutto il Continente che hanno tenuto in territorio positivo i listini, hanno tenuto banco nella prima riunione dopo la Brexit dove il board ha lasciato i tassi invariati, mantenuto gli acquisti di asset di 80 miliardi al mese fino al marzo 2017.

Sono rimandate a settembre eventuali nuove decisioni quando il quadro economico sarà più chiaro e quando si capiranno gli effetti della Brexit (dopo la quale il mercato ha mostrato una certa capacità di resistenza, spiega Draghi) e della Turchia.

Ma se il backstop pubblico delle banche prospettato da Draghi è possibile, vi sono comunque una serie di paletti: innanzitutto serve “un accordo con la Ue, e in specie con la Direzione Competition della Commissione” (la stessa del duro negoziato della Gacs ndr), ha rimarcato Draghi il quale ha sottolineato che tale intesa deve avvenire nell’ambito delle “regole esistenti”.

Sono loro quindi che dovranno stabilire se e come verranno coinvolti i risparmiatori in cambio del sì a un aiuto pubblico, sebbene da più parti si sottolinei come nella Ue abbiano compreso l’idea di non affossare il retail e si possano trovare soluzioni di indennizzo.

– Le norme della direttiva Brrd sulla ‘burden sharing’ – ha comunque spiegato Draghi – hanno tutta la flessibilità necessaria per gestire condizioni straordinarie.

E se Draghi rimanda alle trattative fra Roma e Bruxelles e alle loro prerogative, tuttavia ricorda come a Francoforte la soluzione rapida del problema importa perché gli Npl non sono tanto un rischio “alla stabilità” ma impattano “sulla redditività futura e sulla capacità di erogare prestiti” delle banche e in sostanza sul funzionamento quelle misure straordinarie che la Bce ha largamente messo in campo (Tltro e Qe).

Di certo “le banche sono in una posizione molto migliore rispetto al 2009” ma il problema dei crediti va approcciato sotto tre aspetti: supervisione, sviluppo del mercato dei crediti e interventi dei governi.

L’esperienza di altri paesi ha peraltro dimostrato come una soluzione “in tempi brevissimi” non è possibile e quindi bisogna proseguire nella strada intrapresa con le misure varate nei mesi scorsi. Quello che conta è far partire il mercato di questi crediti e anche aggredire gli stock ereditati (va ricordato che fra incagli e sofferenze lorde si arriva a quota 360 miliardi di euro) con tutta una serie “di misure legislative” anche sui tempi della giustizia.

(Andrea D’Ortenzio/ANSA)

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