Erdogan, il sultano, conquista le piazze della Turchia

Erdogan con la moglie in campagna elettorale.
Ma l'opposizione sogna il ballottaggio
Erdogan, il sultano, conquista le piazze
Erdogan, il sultano, conquista le piazze

ISTANBUL – Sul ponte del Bosforo, dove una settimana fa c’erano i carri armati che volevano rovesciarlo, ieri notte ha inviato le sue folle per un “presidio di democrazia”. A piazza Taksim, un tempo simbolo delle proteste di Gezi Park, sono permesse solo le manifestazioni con la sua benedizione. E per le strade di Istanbul, di oppositori non se ne vedono.

Dopo aver respinto la minaccia golpista, Tayyip Erdogan si riprende le strade della Turchia. Dal tramonto e fino a tarda notte (“restiamo all’erta”, non si stanca di avvisare il presidente), a occuparle ci sono le folle adoranti di suoi sostenitori. Un’esibizione plastica, per i turchi e il mondo che gli punta gli occhi addosso, di chi adesso ha in mano il Paese.

È così che una folla, imprevista e incontenibile, si è riversata ieri notte sul ponte del Bosforo, che ora chiede diventi “dei martiri”. Torce in mano, tra bandiere turche e inni ad Allah, l’ha attraversato come fece 3 anni fa il popolo di Gezi Park. Quella che rimane una delle immagini simbolo della protesta contro Erdogan, viene adesso rovesciata dai suoi sostenitori, che gridano “tu sei il capo, tu sei l’esercito”. Sulle loro teste, brillano i fuochi d’artificio. Ma la vera prova di forza deve probabilmente ancora arrivare.

Domenica, a piazza Taksim, sono attese centinaia di migliaia di persone. Per la prima volta da anni, una manifestazione convocata dell’opposizione socialdemocratica si svolgerà nello scenario più simbolico. Vietata in tempi normali, è stata permessa nonostante lo stato d’emergenza.

Perché nel frattempo Erdogan si è preso pure la piazza degli altri. Il suo partito Akp sarà presente – anche questa una scelta con pochi precedenti – per una giornata di unità nazionale, destinata a trasformarsi in un tripudio per lui e una pubblica umiliazione per i militari, scaricati anche dall’opposizione kemalista.E poi c’è il simbolo per eccellenza, quello che non si può toccare ma che, già in tempi ordinari, il sultano non aveva esitato a sfiorare: Santa Sofia. Neppure un mese fa, per la prima volta in 85 anni, un muezzin era stato fatto entrare per richiamare i fedeli alla preghiera islamica.

Prima basilica e poi moschea, nel 1935 Ataturk decise di sottrarla alle guerre di religione e consacrarla alla laicità, trasformandola in un museo. Da allora, a ondate ripetute, la sua riconversione in moschea è rimasto un sogno proibito del nazionalismo islamico. Ufficialmente, il suo status ‘neutro’ resta fuori discussione. Ma se nelle caldissime notti di questa estate post-golpe le folle provassero a entrarci, potrebbero non trovare nessuno a sbarrare loro la strada.

(Cristoforo Spinella/ANSAmed)

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