Rex

Romolo, il primo rex, uccisore di Acrone, porta le sue spoglie al tempio di Giove dipinto di Jean-Auguste-Dominique Ingres, 1812.
Romolo, il primo rex, uccisore di Acrone, porta le sue spoglie al tempio di Giove dipinto di Jean-Auguste-Dominique Ingres, 1812.
Romolo, il primo rex, uccisore di Acrone, porta le sue spoglie al tempio di Giove dipinto di Jean-Auguste-Dominique Ingres, 1812.

Al terzo articolo della nuova rubrica, mi capita di dover citare di nuovo, e per la terza volta, un autore francese: Emile Benveniste.

Credo, perciò, di fornire un servizio utile all’attento lettore se cito ora per intero, e in originale, la sua opera più volte richiamata. Si tratta di: Le vocabulaire des institutions indo-européennes – Les Editions du Minuit (Paris 1969)
I – Economie, parenté, société
II – Pouvoir, droit, religion
[Edizione italiana: Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee – traduz. Mariantonia Liborio (Torino 1976)].

Nel Capitolo primo del secondo volume della sua opera, Benveniste esamina la radice di rex (parola latina che traduciamo comunemente con “re”), e conclude: “ … il rex così definito assomiglia più a un sacerdote che a un sovrano. È questo tipo di regalità che i Celti e gli Italici da una parte, gli Indiani dall’altra, ci hanno conservato.

Questa nozione era legata all’esistenza dei grandi collegi di sacerdoti che avevano come funzione quella di perpetuare l’osservanza dei riti. C’è voluta, dunque, una lunga evoluzione che ne ha determinato la trasformazione radicale, per giungere alla regalità di tipo classico fondata esclusivamente sul potere; affinché l’autorità politica diventasse, a poco a poco, indipendente dal potere religioso, che restava riservato ai sacerdoti”.

Senza avere la pretesa di entrare in tutti i passaggi del lavoro scientifico portato avanti dal Benveniste, vorrei condurre per mano il lettore in un percorso analogo a quello seguito dal nostro autorevolissimo studioso, passando in rassegna alcune parole latine che hanno conservato la radice . Cosa che ci dovrebbe portare infine alla piena comprensione della portata delle corrispondenti parole della lingua italiana, almeno di quelle maggiormente in uso, e che prenderemo in considerazione.

Sappiamo dalla storia che, superata la fase mitica delle origini (leggendarie) della Città, quella dei sette re, a Roma non c’è mai stata una magistratura civile chiamata con questo nome. Anzi, proprio in riferimento ai sovrani orientali, in qualsiasi epoca era viva nella coscienza del cittadino romano l’avversione verso chi cercasse di instaurare un regime personale assoluto.

L’astuzia politica di Ottaviano Augusto, fondatore dell’Impero, fu proprio di non accentuare questo aspetto del suo potere, definendosi “privato cittadino”, dopo le guerre civili e la restaurazione della Repubblica (come dice egli stesso: “a sue spese”); nello stesso tempo si faceva attribuire dal Senato, a vita, l’imperium dei Consoli (quello di condurre in guerra le legioni) e la potestas dei Tribuni (quella di porre il veto alle leggi del Senato), i quali beneficiavano della sacrosanctitas: la prerogativa dell’intangibilità, che non permetteva a nessuno di toccarli.

Egli, tuttavia, resta il Princeps, il primo dei cittadini, il più importante (che non è una magistratura costituzionale); e si fa attribuire il titolo di Augustus (autorevole persona di riguardo; neppure questa, una magistratura).

L’Impero Romano – si sa – per quanto sia soggetto all’arbitrio del sovrano, non è esattamente quella che si chiama “monarchia”. Quanto poi ai sette Re delle origini di Roma, la critica storica concorda con le conclusioni di Benveniste: e lo dimostrerebbe anche il fatto di essere elettivi. Infatti, essi – senza mettere necessariamente in discussione il fondamento storico del racconto leggendario – effettivamente sembrano più sacerdoti che sovrani monarchici.

La stessa analisi dei loro nomi ce li mostra come personaggi simbolici che proprio nei nomi sintetizzano alcune caratteristiche del periodo storico attribuito ad ognuno. Romolo (da Roma, e non viceversa), Numa (la legge), Ostilio (lo scontro o l’ospitalità), Marzio (il guerriero), Tarquinio (periodo estrusco), Servio (origine plebea), Tarquinio (nuova egemonia etrusca).

Intanto, però, la figura del Rex è presente a Roma durante tutta la sua storia, ed è un personaggio di prestigio che non ha a che fare direttamente con la vita politica, ma esercita esclusivamente una funzione religiosa.

Ed ecco le parole latine formate dalla radice . Oltre a rex, c’è il verbo rego (it.: reggere) che significa : tener diritto, guidare, condurre, dirigere, il cui participio è rectus (= retto, diretto, diritto, in linea retta). Da rex deriva il femminile regina (= regina, principessa, guida), l’astratto regnum (= regno, governo, ecc.), il diminutivo regula (= riga, squadra, strumento che fa andare diritto; e anche regola), regio (= direzione, linea; e anche regione).

Da “rego” si formano i composti dìrigo (de+rego) e còrrigo (cum+rego) che significano rispettivamente: dirigere e disporre in linea retta, il primo; raddrizzare e correggere, l’altro. I loro participi sono: directus (diretto) e correctus (corretto). Oltre a corrigia (correggia, cinghia).

Prima di passare al lessico italiano voglio segnalare i fenomeni fonetici per cui alcune consonanti si sono trasformate. In particolare:
– La gutturale sonora (g), davanti alla dentale sorda (t), diventa sorda come la dentale, cioè “c” (suono: k). La stessa cosa succede quando si trova davanti alla “s”.
– Per *apofonia la vocale “e” (della radice reg-) si trasforma in “i”.
– Il composto corrigo (cum+rego) diviene còrrigo: oltre all’apofonia c’è l’assimilazione della davanti alle di “rego”.

Ed ora, finalmente, passiamo alla sfera lessicale delle parole italiane, di cui ci basterà fornire solo una parte:

re, regina, regno, reggere, retto, retta, rettore, regione, regola, riga, righello,
dirigere, diretto, diritto, dritto, direttore, direzione, dirigibile, correggere, corretto, correzione, correttore, correggia; … e il napoletano curreja (cinghia), che i nostri padri usavano come “strumento di correzione” (cum+rego, còrrigo = raddrizzo o metto in riga: faccio andare diritto).

Luigi Casale

* Apofonia è il fenomeno per cui una vocale all’interno di una radice cambia colore a seconda di dove viene usata la radice verbale (Umlaut).

Lascia un commento