Erdogan attacca l’Occidente

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (ANSA)

ISTANBUL – Erdogan  muove all’attacco dell’Occidente:

– Sostiene il terrorismo e sta dalla parte dei golpisti.

Ha poi aggiunto durante un discorso televisivo:

– Quelli che avevamo pensato fossero amici stanno invece dalla parte dei golpisti e dei terroristi.

Erdogan aveva già attaccato il capo della diplomazia europea Federica Mogherini per come hanno reagito al golpe in Turchia.

– In Turchia c’è stato un golpe contro la democrazia che ha fatto 238 martiri e nessuno è venuto qui – ha detto il presidente turco -. E Mogherini – ha aggiunto – non avrebbe dovuto parlare da fuori: Mogherini prima di tutto – ha detto idealmente rivolto alla diplomatica italiana – saresti dovuta venire in Turchia.

La risposta dell’Alto rappresentante per la politca esetera dell’Ue non si è fatta attendere:

– E’ stata già due volte in Turchia in meno di due anni e ha condannato il tentato colpo di stato, esprimendo il suo sostegno alle istituzioni legittime e democratiche e in particolare al Parlamento. Ha anche parlato con il ministro degli Esteri e la nostra delegazione ad Ankara è molto attiva e impegnata a seguire gli sviluppi della situazione – è la risposta della portavoce Maja Kocijancic.

Il fallito golpe in Turchia “è stato progettato all’esterno del Paese”. E’ l’accusa lanciata dal presidente Recep Tayyip Erdogan in quella che sembra una nuova allusione ad un possibile coinvolgimento di Paesi stranieri.

La Germania ha intanto respinto la minaccia turca di disdire l’accordo con l’Unione europea sui migranti.

– E’ assurdo – ha detto il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, in un’intervista a Rheinische Post -. Il problema -ha aggiunto- è che vi sono determinati obblighi e condizioni, che tutti conoscono. La Turchia ha ancora del lavoro da fare in questa direzione.

La minaccia turca era stata pronunciata dal ministro degli Esteri, Mevlut Cvusoglu, e oggi è stata ribadita da Erdogan.

– Senza la liberalizzazione dei visti, l’accordo tra la Turchia e l’Unione europea salta – ha affermato il presidente turco. Ankara, che ha negoziato con l’Ue un pacchetto di 6 miliardi di euro, chiede che Bruxelles avvii entro ottobre la liberalizzazione dei visti, in virtù di un’intesa che attribuisce al governo turco il compito in “outsourcing” di arginare il flusso di rifugiati provenienti dalla Siria.

Il segretario generale del Consiglio d’Europa, l’organismo di Strasburgo che tutela i diritti dell’uomo e del quale fa parte anche la Turchia, sarà domani in missione ad Ankara.

Come precisa una nota del Consiglio d’Europa, Jagland ha in programma incontri con il presidente Recep Tayyip Erdogan, il primo ministro Binali Yildrim, il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, il ministro della Giustizia Bekir Bozdag e i capi dell’opposizione. Subito dopo il tentativo di colpo di stato del 15 luglio scorso, Jagland aveva espresso la sua condanna nei confronti del dibattito sulla reitroduzione della pena di morte in Turchia.

– Nessuno dei paesi del Consiglio d’Europa ha il diritto di farlo – aveva detto in un’intervista – e la Turchia ha ratificato due risoluzioni che vietano in ogni caso la pena di morte.

Il 21 luglio, il segretario generale ha annunciato che, in seguito al tentato colpo di Stato, la Turchia aveva intenzione di derogare alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tale deroga, ricorda l’organismo di Strasburgo, è prevista dall’articolo 15 nel caso di “un pericolo pubblico che minaccia la vita di una nazione” e recentemente vi hanno fatto ricorso la Francia e l’Ucraina. In ogni caso, si sottolinea, non può però riguardare gli articoli 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di tortura e pene o trattamenti degradanti) 4 (divieto di schiavitu’) e 7 (nessuna pena senza legge); inoltre, la convenzione continua ad applicarsi in Turchia e ogni volta che il governo vuole una deroga sarà la Corte europea dei diritti dell’uomo a dover decidere se e’ il caso di concederla.

La procura generale turca ha inanto ordinato l’arresto di 98 dipendenti dell’ospedale militare Gulhane di Ankara, accusati di far parte della rete del predicatore Fethullah Gulen, considerato dal governo il regista del fallito golpe del 15 luglio. Lo riferisce l’agenzia Anadolu, aggiungendo che ne sono stati gia’ eseguiti 50 e tra gli arrestati figurano diversi ufficiali medici. La struttura ospedaliera gode di fama eccellente nel Paese, considerata all’avanguardia nella ricerca.

(AGI)

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