Putin e Erdogan sanciscono la pace: “Via le sanzioni”

Turkish President Recep Tayyip Erdogan (R) and Russian President Vladimir Putin meet in the Konstantinovsky Palace in Strelna, outside St. Petersburg, Russia, 09 August 2016. EPA/ANATOLY MALTSEV
Turkish President Recep Tayyip Erdogan (R) and Russian President Vladimir Putin meet in the Konstantinovsky Palace in Strelna, outside St. Petersburg, Russia, 09 August 2016.  EPA/ANATOLY MALTSEV
Turkish President Recep Tayyip Erdogan (R) and Russian President Vladimir Putin meet in the Konstantinovsky Palace in Strelna, outside St. Petersburg, Russia, 09 August 2016. EPA/ANATOLY MALTSEV

MOSCA – Erdogan e Putin sono due leader pragmatici. Così, dopo nove mesi di crisi profonda nei rapporti tra Russia e Turchia, hanno deciso di mettere da parte i dissapori nel nome degli interessi economici e politici in un incontro a San Pietroburgo che appena qualche mese fa sembrava impensabile.

Sulla Siria si può provare a trovare un compromesso, le sanzioni russe contro Ankara saranno eliminate gradualmente e i turisti russi torneranno presto in Turchia con la ripresa dei voli charter, il gasdotto Turkish Stream si farà (almeno nel tratto russo-turco) e anche la centrale nucleare turca di Akkuyu: queste le intese che lo ‘zar’ e il ‘sultano’ hanno annunciato oggi assieme dopo essersi stretti la mano.

Per quanto riguarda la Siria – in cui Putin ed Erdogan sostengono fazioni avverse – i due restano però sul vago: il leader del Cremlino si limita a parlare di una posizione comune nella “lotta al terrorismo”, ma a una questione così delicata è stato riservato un incontro speciale separato con i ministri degli Esteri e i dirigenti dei servizi segreti.

La Turchia si riavvicina insomma a Mosca e gioca la carta russa anche per lanciare un avvertimento all’Occidente, che critica le purghe colossali e il clima di caccia alle streghe lanciato in patria dal ‘sultano’ dopo il fallito golpe. In totale 26.000 persone sono finite in carcere e decine di migliaia sono state sospese o rimosse dai loro incarichi pubblici.

Ad essersi deteriorate sono soprattutto le relazioni tra Ankara e Washington, che non sembra avere alcuna intenzione di estradare l’imam e magnate Fethullah Gulen, ritenuto dal governo turco la mente del tentato putsch. Secondo gli americani semplicemente non ci sono elementi che provino il coinvolgimento dell’ex alleato di Erdogan, e questo fa infuriare Ankara.

– Gli Usa non dovrebbero sacrificare l’alleanza con la Turchia per “un terrorista” – ha tuonato oggi il ministro della Giustizia Bekir Bozdag.

Ma ci sono tensioni anche tra Turchia e Ue, preoccupata, tra le altre cose, dall’intenzione di Erdogan di ripristinare la pena di morte, cosa che congelerebbe i negoziati per l’ingresso della Turchia in Europa. Mentre Ankara, da parte sua, minaccia di non applicare l’accordo sui migranti.

E’ improbabile che la Turchia – importante membro della Nato ed economicamente legata a doppio filo all’Europa – voglia tagliare i ponti con l’Occidente, ma intanto il ‘sultano’ corteggia lo ‘zar’. A novembre Putin definì “una pugnalata alle spalle da parte dei complici del terrorismo” l’abbattimento di un jet militare russo al confine tra Siria e Turchia da parte degli F16 di Ankara e accusò la Turchia di acquistare petrolio dall’Isis.

Erdogan ora però chiama il leader russo “il mio amico Vladimir” e lo ringrazia per essere stato tra i primi a telefonargli dopo il golpe. I tempi sono cambiati. E’ emblematico che in questo suo primo viaggio all’estero dopo il tentato colpo di Stato Erdogan abbia deciso di andare proprio in Russia.

Durante l’incontro nell’elegante Sala Greca di Palazzo Konstantinovski, il leader turco e quello russo si sono promessi di ripristinare la cooperazione economica. Si va verso la graduale cancellazione dello stop russo alle importazioni di prodotti alimentari turchi – una mazzata che ha portato al crollo dell’export turco in Russia nel primo semestre di quest’anno (-60,5% rispetto allo stesso periodo del 2015) – e verso la ripresa dei voli charter carichi di turisti russi.

Secondo alcune fonti, inoltre, Erdogan avrebbe chiesto a Putin anche uno sconto sul gas russo (che costituisce almeno la metà del fabbisogno della Turchia): un’opzione di cui secondo Mosca si può discutere. Poi ci sono la ripresa del progetto per realizzare ad Akkuyu la prima centrale nucleare turca con il sostegno dell’agenzia atomica russa e soprattutto il rilancio del Turkish Stream, il gasdotto che dovrebbe portare il metano russo in Europa attraverso il Mar Nero bypassando l’Ucraina.

Resta un mistero quale compromesso Mosca e Ankara possano raggiungere sulla Siria. Ieri Erdogan ha ribadito che Assad “deve andarsene”, una richiesta che Putin non vuole di certo soddisfare. Rimane la questione dei curdi, che la Turchia considera nemici. Alcuni analisti ritengono che Ankara potrebbe chiedere a Mosca di ridurre il sostegno ai curdi interrompendo in cambio gli aiuti ai ribelli anti-Assad. Vedremo fino a che punto arriverà la realpolitik.

(Giuseppe Agliastro/ANSA)