McMullin l’anti Trump? Hillary vola nei sondaggi

McMullin l’anti Trump? Hillary vola nei sondaggi
McMullin l’anti Trump? Hillary vola nei sondaggi
McMullin l’anti Trump?
Hillary vola nei sondaggi

Mariza Bafile

NEW YORK – Nuovo colpo di scena. Dopo la sorpresa di Donald Trump, che da outsider al quale non si dava la benché minima possibilità di trionfo, si è trasformato nel candidato ufficiale dei repubblicani, sbaragliando tutti gli altri, ecco che la discesa in campo dell’indipendente conservatore Evans McMullin introduce un nuovo ingrediente alla corsa alla Casa Bianca e spariglia le carte in tavola.

McMullin, ex 007 della Cia, è il responsabile degli Affari Politici del gruppo repubblicano alla Camera. E si presenta, in questa contesa per la presidenza della Repubblica, come alternativa al Tycoon, che molti repubblicani tollerano ma che, potendo, non voterebbero, e all’ex “First Lady”, che comunque non è amata dalla maggior parte dell’elettorato repubblicano.

Gli analisti non danno alcuna possibilità di trionfo a McMullin. Ma neanche ne davano al “magnate del mattone”, che è riuscito a mettere in ginocchio il “Grand Old Party”. Sta di fatto che, stando a indiscrezioni degne di credito, McMullin sarebbe sostenuto da interessi economici importanti. D’altronde, se così non fosse, non potrebbe affrontare una campagna elettorale.

McMullin, secondo l’opinione di attenti studiosi dei fenomeni elettorali americani, spera di attingere voti dalle sacche repubblicane moderate che non credono nel discorso bellicoso, xenofobo e populista di Trump, e da quelle democratiche che scommettevano su Sanders e ora si sentono orfane di un leader che le rappresenti.

Donald Trump, che perde terreno nei sondaggi, guarda con sospetto e preoccupazione la candidatura di McMullin. Contrariamente al solito, non ha ancora commentato nulla al riguardo ma, stando a indiscrezioni, nutrirebbe il sospetto che la candidatura dell’ex 007 sia sponsorizzata dalla Grand Old Party che non ha mai visto di buon occhio la sua e, ancor meno si sente in sintonia con il suo messaggio intriso di demagogia; un messaggio che per il momento ha avuto l’effetto di irritare le comunità afroamericane e latinoamericane e di allontanare il voto rosa.

La discesa in campo di McMullin non preoccupa Hillary Clinton, che vola nei sondaggi, e vede nella candidatura dell’ex agente della Cia un aspirante che toglierebbe voti al suo rivale. Semmai a preoccuparla è il leader dei verdi, Jill Stein, che fa appello ai “fans” di Bernie Sanders.

E mentre McMullin dà i primi passi nelle sabbie mobili della corsa alla presidenza, si apre la polemica sui dibattiti che prossimamente vedranno protagonisti il Tycoon e l’ex Segretario di Stato. Donald Trump, prima di compromettersi, esige di conoscere le condizioni in cui si svolgeranno i tre dibattiti previsti per il 26 settembre, il 9 e il 19 ottobre.

Non meraviglierebbe più di tanto se pretendesse rinegoziare i termini dei confronti. D’altronde lo ha già fatto da pre-candidato, quando poi decise di dichiarare forfait a uno di essi, in polemica con i vertici dell’emittente di Rupert Murdoch.

Dal canto suo, anche se ha lanciato la sfida al suo avversario, Clinton, che ora vola nei sondaggi, e che certamente ha una conoscenza molto più approfondita di questioni nazionali e internazionali, forse preferirebbe partecipare al minor numero di dibattiti per evitare scivoloni che potrebbero pregiudicarla in termini di voti. E comunque il portavoce della candidata democratica ha sottolineato pubblicamente che “Hillary non vede l’ora di partecipare ai tre dibattiti programmati dalla commissione indipendente”.

Trump annaspa. Il suo discorso, che ha mosso l’entusiasmo del radicalismo conservatore, comincia a far acqua. Ora che si avvicinano le elezioni, l’elettorato riflette con maggiore prudenza. Anche chi, nell’America profonda, si è speso per la candidatura del “magnate”. Per frenare la caduta libera nei sondaggi, Trump ha promesso “la più grande rivoluzione fiscale dai tempi di Reagan”; una rivoluzione che taglierebbe le tasse a famiglie e aziende per scrivere una nuova pagina di prosperità per l’America.

Accusa il presidente Obama e Hillary di politiche economiche fallimentari, li responsabilizza della crescita timida di posti di lavoro e sentenzia:

– Lei rappresenta il passato, io il futuro.

L’annuncio della nuova strategia è stato fatto a Detroit, una città una volta punta di lancia dell’industria americana e oggi in decadenza. Trump, dal palco dell’Economic Club, non è sembrato spavaldo e sicuro come appariva qualche settimana fa. Gli ultimi sondaggi lo danno ben 12 punti sotto Clinton. Non può permettersi di sbagliare né di irritare la Grand Old Party che potrebbe mollarlo definitivamente al suo destino e sostenere apertamente McMullin anche a costo di perdere le elezioni.

– Tasse più basse – ha sostenuto Trump – permetteranno all’America di ottenere denaro, di stimolare il consumo e di creare posti di lavoro.

Non minacce a chi delocalizza ma aiuti finanziari a chi investe. Un Trump, dunque, meno aggressivo. Ma fino a quando?

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