Pensioni: per le quattordicesime ci servono 800 milioni

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Pensioni: per le quattordicesime ci servono 800 milioni
Pensioni: per le quattordicesime ci servono 800 milioni

ROMA. – L’intervento più costoso del pacchetto pensioni è lo scivolo per i ‘baby lavoratori’, tecnicamente detti precoci: i primi calcoli sull’impatto oscillano tra 1,2 e 1,8 miliardi a regime. Di entità non trascurabile anche l’ampliamento della platea a cui riconoscere la quattordicesima, per raddoppiare i beneficiari servirebbero 800 milioni l’anno. Per l’Ape, l’anticipo pensionistico, la cifra si aggira invece intorno a 600-700 milioni. Meno pesanti le modifiche sulla no tax area e sulle attività usuranti.

Fin qui si tratta di stime iniziali, grezze, le elaborazioni sono continue e tutto dipenderà dai confini che a ogni misura verranno dati. Per avere un quadro definito bisognerà aspettare quindi settembre. Di certo, per dare spazio a tutto e considerando i bacini più estesi, uno stanziamento di 1,5 miliardi, tetto emerso nei giorni scorsi, non basterebbe.

La Cgil sottolinea come la dote debba “superare i due miliardi” e il sindacato dei pensionati di Corso d’Italia si dice pronto “a mobilitazioni” se non arriveranno risposte “vere”. Ecco allora i primi numeri sui diversi punti dell’operazione pensioni.

– QUATTORDICESIMA. Passare da 1,2 a 2,4 milioni di over64 con diritto all’aggiunta costerebbe 800 milioni. La maggiorazione sarebbe graduata, come già accade attualmente, sui contributi (336 euro se sotto i 10 anni, 425 fino ai 20 anni e 506 oltre i 25 anni di versamenti). L’allargamento del bacino si otterrebbe alzando l’asticella dell’assegno su cui caricare la quattordicesima (oggi è 750 euro mensili).

– SCIVOLO PER PRECOCI. Fare uno sconto a coloro che hanno iniziato a lavorare prima dei 18 anni avrebbe costi che oscillano tra 1,2 e 1,8 miliardi a regime (dopo i 10 anni). Il riconoscimento di un bonus di 4 mesi per ogni anno di contribuzione prima dei 18 anni di età (a partire da 14) avrebbe un valore tra 1,5 e 1,8 miliardi, sempre a regime. Riducendo il bonus a 3 mesi si andrebbe da 1,2 a 1,4 miliardi. Sarebbe di 60-67mila la platea annua degli interessati. Ma da più parti il range è considerato sovrastimato. Allo studio anche la possibilità di prevedere un’uscita secca dopo 41 anni di contributi per chi ha accumulato un certo numero di mesi di versamenti prima della maggiore età.

– RICONGIUNZIONE. Mettere in fila i contributi versati per la pensione in diverse gestioni costerebbe 500 milioni a regime. La cifra stimata, secondo quanto si apprende, includerebbe anche il riscatto della laurea (senza la spesa si abbasserebbe a 440 milioni). Nel primo anno il costo sarebbe pari a 87 milioni. – APE. Il costo dell’anticipo pensionistico tramite prestito varierebbe tra i 600 e i 700 milioni di euro, una spesa destinata soprattutto a coprire le detrazioni per le categorie più svantaggiate, come i disoccupati.

– LAVORI USURANTI. Favorire il pensionamento di chi ha svolto attività particolarmente faticose determinerebbe una spesa di 72 milioni di euro a regime (20 milioni il primo anno), nell’ipotesi che fa leva sull’adeguamento alla speranza di vita. La cifra si alza se si estende l’agevolazione ad altre categorie (220 milioni se si includono gli operai edili).

– NO TAX AREA. Allineare la no tax area dei pensionati a quella valida per i dipendenti costerebbe 260 milioni l’anno. Molto più alta la spesa per portare tutte le detrazioni allo stesso livello (1,9 miliardi).

– LE REAZIONI. “O il Governo fa uno sforzo o noi decideremo cosa fare, certamente siamo pronti alla mobilitazione”, avverte il segretario generale dello Spi Cgil, Ivan Pedretti. Dalla Cgil nazionale, il coordinatore dell’area della contrattazione sociale Nicola Marongiu, spiega come “la cifra ragionevole su cui potere lavorare è tra i 2 e i 3 miliardi”. Fiduciosa la Uil: il segretario confederale Domenico Proietti assicura che il sindacato “continuerà a lavorare con determinazione per chiudere positivamente questo capitolo importante per il nostro Paese”.

(di Marianna Berti/ANSA)