Da “casale” a Casale, fino a Casale-Corte-Cerro

1979 Casale Corte Cerro
1979  Casale Corte Cerro
1979 Casale Corte Cerro

Numerose sono in Italia le località che hanno per nome il termine generico “casale”. Esse si contraddistinguono per la seconda parte della loro denominazione completa. Quasi sempre un epiteto che ne indica la regione geografica o quella storica e feudale, o quella sociologica e culturale; oppure ne sottolinea una caratteristica paesaggistica come la prossimità ad un elemento naturale: albero, bosco o vallata, fonte o fiume, monte o colle, ponte, ecc. Questa seconda parte del toponimo talvolta è indicata da un elemento preposizionale che specifica l’oggetto geografico presso cui il casale storicamente si è sviluppato.

Parallelamente alla situazione dei toponimi, diversi, e ben distribuiti sul territorio nazionale, sono i gruppi di famiglie che, insediati nel “casale” di propria pertinenza, per qualche forma di transfert, ne hanno assunto il soprannome, poi divenuto ufficialmente “cognome” da registrare anche all’anagrafe.

Secondo un tale meccanismo – o uno similare – eccomi oggi immeritatamente a rappresentare il ceppo, l’etnia dei “Casale” campani (Napoli e dintorni); più esattamente il gruppo dell’area vesuviana dove i piccoli centri abitati, stante l’uso linguistico di una data epoca, si era soliti chiamare, appunto, “casali”.

Nel corso della mia vita, senza fare particolari ricerche, ma solo restando ai normali contatti quotidiani, mi sono imbattuto in lunghe schiere di “Casale”: chi residente a Sicignano degli Alburni, chi a Battipaglia, chi a Mirabella Eclano; e poi in Puglia, in Sicilia, nel Lazio, in Toscana, in Abruzzo. Ma soprattutto in Piemonte, in Friuli, e in Emilia Romagna. Sarebbe molto difficile sostenere che possa trattarsi di un unico albero genealogico, evidentemente; ma, tuttavia, a volte la coincidenza …, non si sa mai!

E quanti omonimi! Quanti Luigi, in mezzo a tanti Casale!

Se posso avanzare un’ipotesi, sembra proprio che il nome Luigi sia il più ricorrente tra i nomi abbinati a Casale, il più felice e il più congeniale, tanto da sembrare fatti apposta l’uno per l’altro. Non so immaginare un Casale che non sia anche Luigi. Mi è capitato addirittura di trovarlo a grandi lettere lungo le autostrade d’Europa, sui teloni degli autotrasporti che oggi chiamano “logistica”.

Chiarito – ammesso che sia veramente chiarito – che tra i Casale non siamo tutti parenti, il fatto che lo potessimo essere io l’ho sperato almeno una volta: quando a scuola, sul prontuario di chimica, nel capitolo che trattava l’ammoniaca, per la prima volta ho letto il profilo biografico di Luigi Casale, presidente della Montecatini. Ma allora si era adolescenti …

Quanti “Casale”, insomma: quelli normali! E quanti Casali, con la “i” finale, nella sua variante nobile! E quante città e piccoli paesi dallo stesso nome! Forse da ognuna delle località si è generato poi il cognome di famiglia che portiamo, disseminati come siamo in tutta Italia. Da un vecchio codice di avviamento postale del 1967 (il primo distribuito dalle Poste Italiane), senza contare i nomi agglutinati, quelli che si sono fusi per crasi, i diminutivi o i vezzeggiativi, e quelli in cui la parola Casale si presenta tronca nella forma Casal (o altre possibili e fantasiose varianti), di comuni italiani col nome Casale ne ho contato undici. Ma il totale ne riempie due pagine intere, di scrittura fitta e compatta in due colonne.

Come per le persone, così mi sono affezionato anche ai luoghi. E come in gioventù ho sognato di ritrovare un possibile ascendente nel Luigi Casale chimico che ha escogitato il modo di produrre l’ammoniaca per sintesi diretta, così in età matura mi sono lusingato di avere avuta qualche provenienza piemontese, dalle parti di Casale Corte Cerro. Nella realtà però conservo la consapevolezza che solo la casualità ci ha fatti incontrare. Il come e il quando l’ho narrato in un altro racconto, dove si parla delle mie vacanze in Valle Strona: tra Gravellona Toce e Crusinallo, tra Verbania Pallanza e Omegna, sulla strada del Gabbio; e si parla anche di Paulownia Tomentosa e dell’isola di S. Giulio. Dico della località Casale Corte Cerro, appunto.

Fino allora dei Casali del Piemonte conoscevo solo Casale Monferrato; un po’ dalla storia, un po’ dalla lettura de I promessi sposi; in seguito per aver avuto un amico casalese: il buon Ariolfo. Ma soprattutto per tutte le burle che mi toccava sopportare a scuola dove non appena gli insegnanti sentivano il mio cognome: da Casale ero già divenuto Casalemonferrato. Solo uno, per ovviare alla banalità del luogo comune di un ritrovato tanto facile e scontato, e altrettanto stupido, aveva voluto aggiungevi il suo tocco di originalità, chiamandomi Casale-ben-ferrato. Ed era evidente che non volesse riferirsi ad un cavallo. (Lo spero!).

Io, per parte mia, pensando all’uso che all’epoca si faceva del termine “ferrato” in ambiente scolastico, da farlo entrare nei giudizi di profitto che si appioppavano agli studenti, non solo nella comunicazione orale, ma anche nelle carte ufficiali, ho sempre pensato – un luogo comune ne vale l’altro – che quell’insegnante volesse riferirsi al mio rendimento nelle materie cosiddette scientifiche, e in particolar modo alla matematica.

casale866
casale866

La prima volta che soggiornai a Casale Corte Cerro fu nel 1966. Avevo ventidue anni, e fui ospite di una magnifica struttura d’accoglienza: il Getsemani, una casa di spiritualità, aperta ai congressi, alle associazioni, ai gruppi di lavoro, alle altre attività di carattere associativo e formativo. Le mappe geografiche lo indicano anche come “Santuario di Gesù agonizzante”. Non sono in grado di farne la storia in quanto mi mancano elementi sufficienti (e necessari), tuttavia mi piacerebbe sapere se è sempre funzionante, aperto alle stesse finalità sociali ed educative, e in grado di offrire ancora accoglienza alle famiglie. Quello che oggi si dice: turismo sociale e religioso, e che io ho inventato 38 anni fa per esigenze familiari, data la particolare conformazione della mia famiglia, e in parte la condizione economica.

1977 Casale Corte Cerro 018

Vi ritornai nel 1977, questa volta con la famiglia già formata. E per tre anni di seguito colà trascorremmo la vacanza estiva. Era il tempo in cui lavoravo a Roma, ed avevo già tre figli.

A causa della nostra frequentazione a Casale Corte Cerro e per la facilità con cui gli amici, in ragione della omonimia, ricordavano la sede delle mie vacanze, un po’ per scherzo un po’ per fantasia, mi compiacevo nel dire che la vacanza la trascorrevamo nei “nostri possedimenti d’origine” (se è vero, com’è vero, che dal dato topografico ci viene anche il cognome).

A questo punto qualche lettore un po’ superficiale o forse già annoiato (oppure severo?), potrà pensare che il mio esercizio di scrittura sia solo una forma di esibizione, vuota ed artificiosa. Ebbene, per rispetto a chi una volta mi confidò di trovare una certa godibilità nelle mie scritture, andrò avanti; e persisto, sperando però di riuscire a comunicare (oltre alla godibilità) anche qualcosa che possa salvarsi come mera informazione. E un poco-poco, se me lo consentite (questa sì che è un’ambizione!

Dico ambizione nel senso originario del termine, cioè: andare in cerca di consenso), anche di pedagogia, di formazione della persona, di educazione. Perché dei miei soggiorni a Casale Corte Cerro non vi parlerò se non in funzione di quella grande opera pittorica che si vede sull’esterno dell’abside della chiesa, la parte più interessante dell’intera architettura. Solo, mi dispiace di dovervela presentare attraverso immagini da me fotografate, che avevo fatto per me, per i ricordi di famiglia; foto che quando le scattai non sospettavo di doverle esporre attraverso questo moderno mezzo di pubblicizzazione (che all’epoca era inimmaginabile); foto che nel frattempo hanno perduto la loro luminosità.

Ciononostante, sebbene incomplete nella esaustività della documentazione e poco chiare nella loro visibilità, le offro come stimolo a più intriganti curiosità verso una più approfondita conoscenza di quella costruzione; sia della storia, sia del valore estetico, sia del suo destino futuro.

1979  Casale Corte Cerro
1979 Casale Corte Cerro

Premesso che la ricercatezza estetica è diffusa con altrettanta presenza in tutte le parti dell’intera opera architettonica: nelle soluzioni abitative della strutture residenziale, nell’arredo, nella concezione della chiesa, in tanti particolari dell’arredo religioso, in tutti gli altri manufatti sistemati nel parco circostante, qui devo limitarmi ad illustrare solo l’affresco (forse è una tempera) che gira intorno alla grande parete cilindrica (l’esterno dell’abside) che accoglie il visitatore e il pellegrino che si reca al santuario, sul viale d’accesso alla “casa”. Si tratta de la passione del Cristo (o la via crucis) di Théodore Strawinsky (1907-1989).
Essendo essa quella che più mi colpì; e l’unica della quale custodisco le foto.

Luigi Casale

Foto: Immagini del Getsemani di Casale Corte Cerro. Anni 1977-1978-1979.
 Luigi Casale

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