Il malessere di Clinton, nuovo argomento di polemica

Un principio di polmonite costringe Hillary Clinton a lasciare la commemorazione per i 15 anni della tragedia delle Torri gemelle. Spunta l’ipotesi, poco credibile, di un suo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca
Un principio di polmonite costringe Hillary Clinton a lasciare la commemorazione per i 15 anni della tragedia delle Torri gemelle. Spunta l’ipotesi, poco credibile, di un suo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca
Un principio di polmonite costringe Hillary Clinton a lasciare la commemorazione per i 15 anni della tragedia delle Torri gemelle. Spunta l’ipotesi, poco credibile, di un suo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca

Flavia Romani

NEW YORK – Una campagna elettorale atipica fin dal suo inizio. Dopo una corsa alla “nomination” combattuta fino all’ultimo delegato, complice il malessere sofferto da Hillary Clinton durante la commemorazione dell’attentato dell’11 settembre, irrompe con prepotenza nella scena politica un nuovo argomento di discussione e polemica: la salute dei candidati. Ma non solo. Viene alla luce anche l’età dei candidati: 68 anni lei, 70 lui.

Non che nessuno ne fosse a conoscenza, ma fino a ieri non gli era stata attribuita grande importanza. D’altronde, Ronald Reagan aveva 69 anni quando entrò alla Casa Bianca per la prima volta. Appena uno in più di Clinton e uno in meno di Trump.

La salute dei candidati è sempre stata relegata all’ambito dei pettegolezzi e delle indiscrezioni. Fu John McCain, nel 2008, a dare importanza all’argomento. Eroe di guerra in Vietnam, aveva 71 anni quando si candidò alla presidenza degli Stati Uniti. Gli americani speculavano sui postumi della prigionia e delle torture subite.

E per dissipare ogni dubbio, McCain rese noto oltre 1200 pagine di referti medici. L’unico reso noto è quello del suo medico personale, una lettera assai vaga in cui si assicura la buona salute del candidato senza entrare nei dettagli.

Ma il piccolo imprevisto ha portato alla luce anche un altro dettaglio. La candidata dei democratici non ha informato di avere un principio di polmonite. Clinton non ha nascosto la sua malattia, come non ha nascosto tanti dettagli della sua vita. Semplicemente non li ha resi noti. E non è semplice problema di semantica.

Donald Trump, dopo quanto accaduto con l’avversaria politica, ha promesso di rendere noti gli ultimi risultati degli esami una volta ottenuti. Anche il candidato repubblicano ha i suoi angoli oscuri. Ad esempio, non ha ancora pubblicato l’ammontare del suo patrimonio personale.

Quali saranno le conseguenze sulla campagna elettorale di Clinton? Immediatamente dopo il suo malore, i sondaggi hanno rivelato una lieve flessione. E’ stata la reazione alla notizia che la candidata non aveva informato della sua malattia. Il vero giudizio, comunque, si avrà dopo il dibattito. Dipenderà dalla Clinton saper rassicurare gli americani. Se sarà aggressiva, brillante, chiara allora i sondaggi torneranno a salire. E’ già accaduto in passato.

Il giudizio dell’elettore americano è assai volubile. Nel 1984, l’allora presidente Reagan, in corsa per la rielezione, parve in difficoltà, annebbiato, insicuro al primo dibattito. Pare cominciassero a presentarsi i primi sintomi dell’Alzheimer. Ma nei seguenti dibattiti apparve frizzante ed energico, così come volevano gli elettori.
La malattia della candidata potrebbe renderla più “umana” agli occhi degli elettori.

D’altronde si tratta solo di una semplice polmonite, come la soffrrono o possono soffrrirla tanti americani. Stando agli esperti, la malattia potrebbe trasformare la candidata in un’“eroica” donna, pronta al sacrificio pur di essere presente a una delle commemorazione più importante per gli Stati Uniti.

E’ forse questa una delle ragioni per le quali pare sia stato consigliato a Trump di non insistere sull’argomento. Presentarsi come l’uomo forte di fronte alla donna debole potrebbe allontanare elettori e allienargli simpatie. Insomma, la polmonite umanizza.

Gli esperi si chiedono anche se sia possibile cambiare candidato quando sia già iniziata la corsa alla Casa Bianca. In teoria, sarebbe possibile. Ad abbandonare, comunque, dovrebbe essere il candidato per permettere al partito di scegliere il successore. A questo punto, si aprirebbero le porte per Bernie Sanders. E la corsa alla Casa Bianca si trasformerebbe in una sfida tra due modi diametralmente opposti di interpretare la realtà.

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