Obama attacca Putin e Trump, no a populismi e uomini forti

US President Barack Obama delivers his address during the United Nations 71st session of the General Debate at the United Nations General Assembly at United Nations headquarters in New York, New York, USA, 20 September 2016. EPA/PETER FOLEY / POOL
US President Barack Obama delivers his address during the United Nations 71st session of the General Debate at the United Nations General Assembly at United Nations headquarters in New York, New York, USA, 20 September 2016.  EPA/PETER FOLEY / POOL
US President Barack Obama delivers his address during the United Nations 71st session of the General Debate at the United Nations General Assembly at United Nations headquarters in New York, New York, USA, 20 September 2016. EPA/PETER FOLEY / POOL

NEW YORK. – No ai muri. No ai populismi e ai nazionalismi. E soprattutto no al mito degli uomini forti. E’ il messaggio che Barack Obama lancia nel suo ultimo intervento davanti all’Assemblea generale dell’Onu, rivolto al mondo intero ma anche alla sua America che, a poche settimane dal voto, si trova ad un bivio. Così il presidente Usa non rinuncia ad attaccare Donald Trump ma anche Vladimir Putin. E a lanciare un forte appello a tutta la comunità internazionale: i rifugiati vanno accolti ed aiutati, bisogna fare di più per loro.

Un discorso appassionato quello di Obama che – rispondendo ai suoi detrattori – fa un bilancio dei progressi fatti negli otto anni in cui è stato alla Casa Bianca: dalla catastrofe evitata dopo la crisi finanziaria alle nuove relazioni con Cuba e l’Iran, passando per importanti accordi come quelli sul clima, tirando dentro anche la Cina.

Ma il presidente americano, oltre a guardare alla sua eredità, si toglie diversi sassolini dalle scarpe, criticando anche un alleato come Benyamin Netanyahu: “La diplomazia è la vera chiave per fermare la violenza. Non si può affermare la propria leadership sminuendo gli altri. E Israele sa che non può occupare in via permanente la terra palestinese”.

Tutto l’intervento è imperniato sul rischio che molti Paesi, compresi gli Stati Uniti, di fronte a terrorismo e migrazioni scelgano la strada dell’isolazionismo e dell’egoismo: “Un Paese circondato da muri imprigionerebbe sé stesso”, afferma. “Bisogna aprire i nostri cuori per accogliere i rifugiati e i disperati nelle nostre case”, insiste, rivolgendosi poi direttamente agli americani: “Aiutare chi ne ha bisogno rende gli Stati Uniti più sicuri”.

Altro, quindi, che i muri e il pugno di ferro propagandato da Donald Trump. “Bisogna respingere ogni forma di fondamentalismo, di razzismo o credo di superiorità etnica. Serve il rispetto di tutti gli esseri umani e di tutte le culture e religioni”.

Obama alterna momenti in cui vola alto, da Nobel per la pace, con toni ispirati con cui chiede più giustizia nel mondo, riducendo il gap tra ricchi e poveri e lavorando per società ed economie più inclusive. Poi improvvisamente l’affondo anche sull’arcirivale Putin: “La Russia sta cercando di riguadagnare la gloria perduta tramite la forza”, afferma riferendosi in particolare al conflitto con l’Ucraina. Ma difficile che il presidente Usa non abbia pensato al Cremlino anche quando riafferma “il rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani”, che siano oppositori politici o gay.

Invita tutti, poi, a non cedere al pessimismo e al cinismo di fronte alle difficoltà. Perché se è vero che la globalizzazione va corretta questo va fatto andando avanti: “Il mondo oggi è di fronte a una scelta, e il rischio è che si possa tornare indietro”.

Ecco di nuovo lo spettro dei muri, il termine più usato da Obama nel suo intervento. Un lungo applauso lo saluta. Il prossimo anno dal palco dell’Assemblea generale dell’Onu sarà la volta di Hillary Clinton o di Donald Trump.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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