Mattarella: l’esempio di Moro, dialogo e coraggio del nuovo

©LaPresse Archivio Storico Politica 03-05-1977 Roma Nella foto: Luigi Berlinguer e Aldo Moro
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03-05-1977 Roma
Nella foto: Luigi Berlinguer e Aldo Moro

ROMA. – Aldo Moro dalla Costituente agli anni di piombo, fino al suo sacrificio, si dimostrò un politico aperto, pronto all’ascolto del “nuovo” che si presentava. Capace di accogliere e canalizzare le spinte sociali, uomo di “alta mediazione” aperto alle riforme che voleva “con le convergenze necessarie” perchè si trattava di “costruire la Casa comune”. Ma soprattutto per lui “l’immobilità” era inconcepibile; anzi, la vedeva come “una rinuncia” che minava alla base l’etica della politica.

Ecco l’esempio di Aldo Moro tratteggiato da Sergio Mattarella, presidente della Repubblica che tanto prese nella sua formazione politica dallo statista democristiano assassinato dalle Brigate rosse nel 1978. Moro certamente “non era un conservatore”, premette il presidente ricordando solennemente al Quirinale – presenti le alte cariche dello Stato, l’ex presidente Napolitano, ministri e politici di ogni provenienza – i 100 anni della nascita dello statista democristiano.

“Per lui immutabilità avrebbe significato compiere una rinuncia, la rinuncia ad una splendida funzione che passerebbe ad altri”, spiega il capo dello Stato che nella sua lettura dell’azione del politico pugliese mette in evidenza il suo approccio mai “dogmatico” nei confronti dei progetti politici degli avversari. Moro fu uomo sempre attento “all’ascolto delle istanze critiche, di esperienze inedite, di nuovi orizzonti”.

Tanti i riferimenti all’attualità che si colgono dall’intervento presidenziale anche se lo stesso Mattarella mette in guardia sul rischio di “deformare” le sue parole con sovrapposizioni spericolate tra quegli anni e la cronaca del nuovo millennio. Ciò detto è lo stesso presidente a concludere la sua analisi spiegando come da Aldo Moro giungano forti alla politica di oggi “suggestioni importanti e lezioni che fanno riflettere”.

Riflessioni per tutte le forze politiche spesso impegnate in scontri violenti, cadute di stile e insulti personali. A volte bloccate su intransigenze “manichee” che impediscono l’ascolto “delle posizioni altrui”. Parla di tutto Mattarella nel suo ricordo di Moro, dalle riforme costituzionali alla necessità di una “mediazione alta” (“ben diversa dal compromesso al ribasso”), fino alla necessità di saper capire il nuovo che avanza per canalizzare disagi e istanze sociali in un’azione di Governo.

“Mediazione alta” che vale sia per la politica interna che per quella estera: In particolare, come fece Moro, per quella europea dove è chiaro che andare da soli è tutt’altro che mediare. E ancora, il presidente esalta le scelte di amministratore di Moro, la sua sobrietà nei toni e nella comunicazione mediatica.

“Rifuggiva da annunci fini a se stessi, da gesti plateali che avrebbero sfiorato la realtà in modo illusorio, senza riuscire ad incidervi”, riferisce Mattarella. Quanto ci sarebbe bisogno oggi di un Aldo Moro, sembra pensare il presidente dopo sei cartelle tutte tese a un ricordo politico del leader democristiano. “Lui sapeva che dovere della democrazia è interpretare la società e allora, come oggi, si trattava di comprendere le ragioni dei suoi fenomeni e di elaborare una proposta politica e di governo che, assumendo quegli elementi, ne cogliesse i caratteri fecondi”.

Nessun riferimento quindi all’Italicum, al referendum costituzionale, al ruolo dei Cinque stelle e al rapporto degli altri con loro e neanche alle Olimpiadi negate. Ma nel salone dei corazzieri del Quirinale, una volta andato via il presidente, di questi collegamenti i politici parlavano chiedendosi se il discorso di Mattarella fosse più o meno filorenziano.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)

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