Delegazione del parlamento italiano in Venezuela per puntellare l’AN

Palramento

Sarà senza dubbio un importante riconoscimento con riflessi a livello internazionale e, soprattutto, nazionali. La presenza, prossimamente in Venezuela, di una delegazione parlamentare italiana, come annunciato alla “Voce” dal senatore Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri della Camera Alta, permetterà all’Assemblea Nazionale di rompere l’isolamento voluto dal Governo del presidente della Repubblica, Nicolás Maduro, e di limitare i danni provocati dalle decisioni della Corte Costituzionale, che hanno svuotato d’ogni potere il Parlamento venezuelano.

Probabilmente la visita dei nostri parlamentari, alla luce dei contrasti politici tra “chavismo” e opposizione, potrà causare irritazione nel governo. Ma la diplomazia saprà trovare il cammino per evitare di provocare crepe nei rapporti tra il Venezuela e l’Italia, incrinature che in questo momento di tensione politica interna non convengono alla nostra Collettività.

L’importanza della visita dei parlamentari italiani risiede nel messaggio già affidato dal senatore Casini al nostro Giornale:
“Noi pensiamo che il dialogo politico debba essere il cammino da percorrere per trovare una soluzione e lavoreremo per favorirlo. A prescindere da qualsiasi cosa capitata fino ad oggi, noi ribadiamo che senza la volontà del Parlamento, che rappresenta la maggioranza dei venezuelani, non sarà possibile trovare una soluzione. Per questa ragione, lavoriamo affinché all’Assemblea del Venezuela sia riconosciuta quell’autorevolezza che è condizione necessaria per un accordo politico”.

Insomma, per chi sa leggere tra le righe, l’indipendenza del Parlamento e il rispetto che l’istituzione merita sono condizioni fondamentali affinché la parola democrazia non resti una espressione vuota in bocca a leader populisti e demagogici.

L’annuncio del presidente della Commissione Esteri del Senato avviene in un momento particolarmente delicato per la vita politica e istituzionale del Paese. Il Venezuela, in questi mesi, vive un passaggio delicato della propria storia nel quale potrebbe giocarsi la sopravvivenza stessa del suo sistema democratico.

Il Consiglio Nazionale Elettorale ha reso note le severe condizioni imposte all’Opposizione per la raccolta del 20 per cento delle firme necessarie affinché si possa procedere verso un Referendum che potrebbe destituire il capo dello Stato. Che agisse diversamente era impensabile. Dopo aver guadagnato tempo, quella dell’organismo elettorale è stata la “cronaca di una morte annunciata”. Per l’Opposizione, ora, la strada è tutta in salita.

Il Tavolo dell’Unità o MUD che riunisce i vari partiti e movimenti che compongono le forze di opposizione, è in fibrillazione. Nonostante le voci rassicuranti dei vari leader è indubbio che le tensioni nel suo interno siano grandi. Falchi e colombe, che da sempre hanno messo a repentaglio l’esistenza stessa dell’eterogenea alleanza, si sono scontrati con veemenza in questi giorni.

Al momento di scrivere questa nota, il Tavolo dell’Unità non ha ancora reso note le strategie che metterebbe in campo per affrontare l’ennesimo scoglio posto dall’organismo elettorale. Sono chiare, invece, quelle del governo: mantenere l’opposizione sotto pressione costante e indebolirla provocando situazioni che possano condurla all’implosione.

Per il momento non ci è riuscito. E di questo va dato atto al Segretario Esecutivo, Jesùs “Chuo” Torrealba, che ha saputo interpretare il suo ruolo di mediatore e anche ai leader dei vari schieramenti che hanno saputo mantenere la polemica interna entro limiti accettabili. Resta da vedere, ora, la reazione della base, di quelle migliaia di cittadini che non si sentono identificati con il governo.

Il Paese, lo scriviamo ormai da tempo, è sull’orlo di una esplosione sociale dalle conseguenze imprevedibili. Se le proteste non sono sfociate in vere e proprie manifestazioni di insurrezione popolare non è solo per la repressione sempre più ferrea delle forze dell’Ordine ma anche per merito del Tavolo dell’Unità che è riuscito a far giungere il proprio messaggio: la violenza solo permetterà al potere di rafforzarsi.

Cresce il numero dei politici in prigione. E ora anche giornalisti e pubblicisti corrono il rischio di soffrire le conseguenze per quanto scrivono. Un esempio per tutti, quello del giornalista ed editore di “Reporte Confidencial” Braulio Jattar.

Mentre si attendono le decisioni del Tavolo dell’Unità, che dovrà indicare agli elettori il cammino da seguire per ottenere al più presto il Referendum revocatorio, in seno al “chavismo” continuano ad alzarsi voci che denunciano una presunta “frode” nella raccolta dell’1 per cento delle firme, avvenuta mesi fa.

Dopo il presidente della Repubblica, Nicolás Maduro; il vicepresidente del Presidente del Psuv, Diosdado Cabello; il sindaco di Caracas e responsabile della “Comisión de Verificación de firmas” del Psuv, Jorge Rodrìguez; anche Freddy Bernal, responsabile dei “Comités Locales de Abastecimiento y Producción”, ha sostenuto la tesi della truffa. E, quindi, della necessità di azzerare tutto e tornare al punto di partenza.

Le speculazioni, oramai, sono tante. Alcuni esperti in materia si azzardano ad anticipare una decisione della Corte Costituzionale a favore di chi ha denunciato presunti brogli nella prima raccolta delle firme per il Referendum. Se così fosse, si assisterebbe ad un duro colpo all’Opposizione e alla chiusura di ogni via istituzionale per un cambio di governo.

Resterebbero le elezioni amministrative ma queste, come è già stato annunciato dai portavoce del governo e dai responsabili del Psuv, difficilmente potranno realizzarsi a dicembre, come lo stabilisce la Costituzione.

Mauro Bafile