Referendum: le ragioni di Renzi e il confronto con Mattarella

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (D) e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante l'inaugurazione dell'anno accademico della Scuola per la sicurezza dello Stato, Roma, 14 aprile 2015. ANSA/ TIBERIO BARCHIELLI- UFFICIO STAMPA PRESIDENZA REPUBBLICA
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (D) e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante l'inaugurazione dell'anno accademico della Scuola per la sicurezza dello Stato, Roma, 14 aprile 2015. ANSA/ TIBERIO BARCHIELLI- UFFICIO STAMPA PRESIDENZA REPUBBLICA
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (D) e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante l’inaugurazione dell’anno accademico della Scuola per la sicurezza dello Stato, Roma, 14 aprile 2015.
ANSA/ TIBERIO BARCHIELLI- UFFICIO STAMPA PRESIDENZA REPUBBLICA

ROMA. – Avere sette giorni in più per mettere in sicurezza la manovra e persuadere il maggior numero di indecisi ad andare a votare. Per queste due ragioni principali Matteo Renzi alla fine ha preferito il 4 dicembre al 27 novembre come data per il voto sul referendum costituzionale, d’accordo con Il Capo dello Stato che, si racconta in ambienti parlamentari, ha sempre considerato una priorità assoluta il varo della legge di bilancio in tempi certi.

La scelta è maturata nella serata di domenica, quando il premier ha informato il Quirinale del suo orientamento, ed è stata condivisa e ufficializzata dal Consiglio dei ministri di lunedì pomeriggio. La data, sottolineano i dirigenti del Pd, favorisce “partecipazione e informazione: se dal fronte del No c’è chi protesta, è forse perché teme le ragioni di merito per il Sì”.

Renzi trascorrerà le dieci settimane che mancano da qui al voto referendario in giro per l’Italia: un tour a tappe forzate (solo questa settimana sono in programma appuntamenti istituzionali a Milano, Verona, Firenze, Perugia, Torino, Genova) per spiegare agli italiani su cosa devono pronunciarsi.

Il ministro Maria Elena Boschi e tutto il Pd sono impegnati già da mesi (con incontri anche con gli italiani all’estero). Perché l’imperativo è portare a votare quanti più italiani possibile: i sondaggi segnalano ancora un’alta percentuale di indecisi o non informati ma una scarsa affluenza – spiegano i Dem – ‘aiuterebbe’ probabilmente il No. Dunque, tutti mobilitati.

Ma a complicare le prossime dieci settimane, c’è la necessità di approvare la legge di bilancio, misurando i progetti del governo con le maglie strette del fiscal compact. Renzi non ha lasciato dubbi, negli ultimi giorni, sulla sua determinazione a prendersi ogni margine (sono dovuti, ha affermato, quelli per le spese sui migranti e per la sicurezza antisismica) e per il 2017 il dialogo con l’Ue starebbe andando avanti in maniera proficua ma, alla vigilia dell’approvazione del Def, ci sarebbero ancora alcune resistenze da Bruxelles sulla flessibilità da concordare per il 2018.

Resistenze che marciano di pari passo – si ragiona in ambienti politici italiani – con l’atteggiamento che terranno i rappresentanti di Berlino nella Commissione Ue. Ma è un’altra preoccupazione, manifestata già nei mesi scorsi e rinnovata nei contatti degli ultimi giorni dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ad aver indotto il premier a fissare il voto referendario al 4 dicembre: mettere al riparo la legge di bilancio dallo ‘shock’ che deriverebbe da un’eventuale vittoria del No. E in questo senso, votare il 4 e non il 27 novembre rende possibile provare ad approvare la manovra sia alla Camera, sia in commissione al Senato, con un testo che a quel punto sarebbe definitivo.

C’è una terza ragione politica che ha fatto propendere per la data di dicembre: quello stesso giorno si vota in Austria, in elezioni che si ripetono a distanza di pochi mesi con il rischio di vittoria dell’ultradestra. La concomitanza dà al voto italiano, già osservato con attenzione, un respiro europeo ancora più marcato.

E lo ‘spettro’ di ultradestra e populismi, aggiunge qualche parlamentare renziano, potrebbe diventare valido argomento anche nella campagna elettorale, per orientare la scelta verso il riformismo e la stabilità del governo piuttosto che uno scenario politico pieno di incognite.

Infine, qualche esponente Pd fa anche un calcolo sul ‘dopo’: nel caso di vittoria del No, il voto il 4 dicembre potrebbe dare più tempo – almeno fino all’approvazione, entro Natale, della legge di stabilità – per valutare le conseguenze sul governo. Ma, assicurano i renziani, non sono ragionamenti del premier, anche perché convinto che prevarranno i Sì.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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