Referendum: per l’Avvocatura Generale dello Stato il quesito è corretto

Una scheda elettorale viene messa nell'urna elettorale in un seggio di una scuola al centro di Roma, 26 maggio 2013. ANSA/CLAUDIO ONORATI
Una scheda elettorale viene messa nell'urna elettorale in un seggio di una scuola al centro di Roma, 26 maggio 2013.  ANSA/CLAUDIO ONORATI
Una scheda elettorale viene messa nell’urna elettorale in un seggio di una scuola al centro di Roma, 26 maggio 2013. ANSA/CLAUDIO ONORATI

ROMA. – La procedura per svolgere il referendum costituzionale, fissato il 4 dicembre, vada avanti: lo ha chiesto l’Avvocatura Generale dello Stato nella memoria al Tar del Lazio, presso il quale Sinistra Italiana e M5s avevano sollevato un ricorso sul titolo del quesito, chiedendo di fermare le macchine organizzative. Una richiesta sollevata anche dall’ex presidente della Corte Costituzionale, Valerio Onida, con l’obiettivo di portare proprio davanti alla Consulta la querelle.

Intanto, anche i tre governatori del centrodestra, Giovanni Toti, Luca Zaia e Roberto Maroni, hanno proposto una loro riforma costituzionale alternativa, da portare avanti dopo la vittoria del No il 4 dicembre, proprio come hanno chiesto di fare mercoledì Massimo D’Alema e Gaetano Quagliariello.

Nella memoria l’Avvocatura ha sottolineato che anche nei due precedenti referendum costituzionali, nel 2001 e nel 2006, il quesito era formulato in maniera analoga a quello attuale, cioè indicando il solo titolo della legge. D’Altra parte se nella scheda fossero citati tutti gli articoli da modificare, il quesito “sarebbe confuso, oscuro, difficilmente comprensibile dalla massa dei votanti e certamente non idoneo a garantire il rispetto del diritto di voto dei cittadini”.

Quindi il quesito è corretto, sottolinea l’Avvocatura, ed è stato stabilito dalla Corte di Cassazione. Di qui la richiesta di non sospendere l’efficacia del decreto di indizione del referendum. Senza contestare il ragionamento, il politologo Michele Ainis, ha comunque criticato il quesito, figlio dell’abitudine di dare alle leggi “dei titoli che sono spot”. La decisione del Tar dovrebbe arrivare già lunedì 17 ottobre.

Ad animare il dibattito ci hanno pensato anche i tre Governatori del centrodestra, Toti, Maroni e Zaia, che hanno fatto un ragionamento analogo a quello svolto mercoledì da D’Alema e Quagliariello, nel convegno che ha riunito tutto il fronte del No. Se la riforma viene bocciata, dicono i tre, se ne può varare una addirittura più audace, che tocca tutta l’architettura della Costituzionale, introducendo presidenzialismo e un federalismo più spinto.

Scenario che in questo Parlamento non ha i numeri e che quindi richiederebbe una forte affermazione del centrodestra alle prossime elezioni, alle quali però lo stesso centrodestra chiede di arrivare con una nuova legge elettorale proporzionale, che le impedirebbe di vincere.

Il Pd ligure ha presentato un esposto all’Agcom e al Corecom contro Toti: “in piena par condicio – è l’accusa – ha utilizzato il sito istituzionale della Regione per pubblicizzare la campagna elettorale a favore del No al Referendum”.

Dai due fronti vengono ribadite le rispettive posizioni. Quagliariello insiste sul fatto che la riforma è sbagliata anche nel metodo “perché divide il Paese anziché unirlo”. Il sottosegretario alla presidenza Luca Lotti invece sottolinea che “dopo 30 anni di promesse” finalmente si vara una riforma sempre annunciata che taglia i posti e costi della politica. Intanto anche i “sindaci per il sì” scendono in campo, in vista di una grande manifestazione che li vedrà riuniti a fine novembre.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

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