Renzi attacca sindacati e professoroni, con la vittoria del Sì la vecchia guardia ai giardinetti

Renzi attacca sindacati e professoroni
Renzi attacca sindacati e professoroni
Renzi attacca sindacati e professoroni

ROMA. – I “grandi professori” del No che “perdono anche al Tar”. “Alcuni sindacati” che in nome del No bloccano le città. Il variegato “blocco” politico “del no, no, no” che va “da Berlusconi a Grillo, passando per D’Alema, Dini, Fini, Cirino Pomicino, De Mita e Monti”. Contro questi avversari Matteo Renzi combatte la sua battaglia referendaria. Ma è sopra ogni cosa a scalfire astensionismo e disaffezione che punta alla ripresa del suo tour elettorale, dopo una settimana di stop per il varo della manovra e gli impegni a Washington e Bruxelles.

Negli ultimi giorni, raccontano fonti Pd, al Nazareno sono pervenuti sondaggi che segnalano una inversione di tendenza a favore del Sì. Ma a margine del Consiglio europeo Renzi ha chiesto agli eurodeputati (“Che sono i soli eletti con le preferenze”) a impegnarsi sul territorio. Perché se al Nord il vantaggio del Sì appare più solido, la Sicilia è la regione che – subito dopo la Puglia – più farebbe da traino al No.

“Non so se è così”, dice il premier. Ma in serata da Palermo, che è la prima tappa di 24 ore siciliane, alza i toni dello scontro ammettendo che “al sud abbiamo un po’ di difficoltà in più”. “Non è un voto sul governo”, basta con le “beghe politiche”, afferma elencando i punti principali di una riforma che, rivendica, non è “contro la democrazia ma contro la burocrazia”.

Ora sono per il No, sottolinea, gli stessi che hanno “bloccato l’Italia in questi anni: quelli di prima vedono il referendum come l’occasione per tornare in partita ed evitare di finire ai giardinetti. E’ legittimo ma non a spese degli italiani”. “Se non passa non ci sarà alcun cataclisma, non arrivano le cavallette ma di certo non cambierà più nulla per tanto tempo. Se vince il Sì finisce la stagione degli inciuci: Non dobbiamo perdere questa occasione”.

Domenica Renzi sarà a In Mezz’ora. Non per ‘occupare’ gli spazi tv, come lo accusa il fronte del No. Ma perché “una settimana fa lì c’è stato D’Alema e prima Di Maio e Di Battista. Perché in tv trovo più facilmente le ragioni del No che quelle del Sì”, sostiene il premier.

E fa insorgere Nicola Fratoianni di Sinistra italiana: “Vittimismo ipocrita, a settembre ha avuto 526 minuti sui tg Rai”. Sabato 29 la manifestazione convocata a Piazza del Popolo a Roma sui temi dell’Europa lancerà la fase della mobilitazione più intensa della campagna referendaria. Con un elemento di serenità in più: “Il quesito è stato approvato perché i grandi professori del comitato del No hanno fatto ricorso anche al Tar del Lazio e hanno perso anche lì, hanno preso un due di picche”, punzecchia Renzi.

“Ora andiamo al merito”, dichiara il premier. Anche se aggiunge che forse votare “sulla simpatia o antipatia”, considerato che sul No c’è un fronte che va da Pomicino a D’Alema, da Berlusconi a Grillo. Persone che danno voce alla cultura degli “odiatori di professione che godono” anche per il fallimento della missione su Marte. Costoro non si rendono conto – accusa – che è “un boomerang” che alcuni sindacati facciano sciopero creando disagio ai cittadini anche in nome del No.

“Renzi ha trasformato il referendum in una sfida politica: il voto è anche sul governo”, ribatte Silvio Berlusconi in un video su Facebook. E torna a evocare il rischio di “dittatura della sinistra”. “Qualunque sia l’esito del referendum, sarà una tragedia per l’Italia perché arriveremo con un Paese diviso in due”, avverte il professore Gustavo Zagrebelsky.

Ma il Pd, con Debora Serracchiani, replica che così non è. E Renzi riporta il discorso alle conseguenze di merito: se vince il No, sostiene il premier, “nessuno ridurrà più i parlamentari”. Nelle stesse ore, intanto, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, in Germania, prova a tranquillizzare: “Sui mercati finanziari c’è quest’idea che il referendum sia la fine del mondo. Ma non lo è. Nel malaugurato caso che vinca il No, il Paese continuerà a fare le riforme”.

“Comunque vada – dice anche il presidente del Senato Pietro Grasso – il Parlamento avrà molto lavoro fino alla fine della legislatura, a marzo 2018”.

(di Serenella Mattera/ANSA)

Lascia un commento