Trump e la guerra ai media, programma su Facebook live

Trump e la guerra ai media, programma su Facebook live
Trump e la guerra ai media, programma su Facebook live
Trump e la guerra ai media, programma su Facebook live

WASHINGTON. – Sono le ultime battute ma le più intense di una guerra dichiarata da tempo: Donald Trump contro i media tradizionali. Sono faziosi, attaccano e danno il tormento, ha denunciato a più riprese il candidato repubblicano fino a paventare bandi ed esclusioni dalla copertura dei suoi eventi elettorali. Adesso il tycoon che aspira alla Casa Bianca rilancia e per il rush finale della corsa dà il via ad un programma serale su Facebook Live, che durerà fino all’Election Day il prossimo 8 novembre.

E c’è già chi ne vede l’embrione di imprese future, considerati gli insistenti rumor su una possibile ‘Trump tv’ per capitalizzare l’avventura elettorale una volta conclusa. Lo spiegano a chiare lettere i suoi consiglieri: sbarcare su Facebook Live è un modo per sfruttare il largo seguito del tycoon sui social media e bypassare i media tradizionali.

Ieri la prima ‘puntata’ dello show, della durata di mezz’ora, che va in onda dalla Trump Tower a Manhattan dalle 18.30 fino alle 19, quando di solito cominciano i comizi del magnate ma anche in coincidenza con le trasmissioni e i talk show di punta di network e tv via cavo. Come ospiti i consiglieri del candidato e rappresentanti della sua campagna elettorale per un formato riconoscibile che fa già intravedere tracce di concorrenza alla Fox.

Per ora Trump nega: “No, non ho interesse ad una Trump Tv”, ha detto durante un’intervista radiofonica, affermando che le sue energie sono tutte concentrate sull’8 novembre. Resta tuttavia difficile ignorare le indiscrezioni diffuse pochi giorni fa dal Financial Times secondo cui il genero Jared Kushner, marito di Ivanka Trump, ha contattato informalmente uno dei leader dell’industria dei media con l’obiettivo di creare una rete televisiva di Donald Trump dopo le elezioni.

Continua intanto la copertura al millimetro sulla corsa del tycoon da parte della stampa americana, a partire dal New York Times – autore dello scoop sulle dichiarazioni dei redditi del candidato e il primo a pubblicare testimonianze di donne che lo accusano di molestie – che questa volta pubblica un servizio dall’alto impatto anche visivo: una lista completa con tutte le persone, i luoghi e le cose che Donald Trump ha insultato via Twitter nella sua campagna elettorale.

L’elenco esiste da tempo online e viene regolarmente aggiornato, ma colpisce di più il paginone dell’edizione cartacea con la mappa delle ‘vittime’ degli attacchi, da Hillary Clinton (la più gettonata) ai suoi competitor alle primarie, dai giornalisti a numerose testate, da alcune categorie (donne, messicani, handicappati) alle celebrities, da Paesi e città ad una canzone di Neil Young.

Giungono però adesso da Oltreoceano rivelazioni su un presunto “scandalo donazioni” nella campagna di Trump, con il britannico Telegraph che ha condotto un’inchiesta giornalistica durante la quale suoi reporter sotto copertura hanno avvicinato i dirigenti di ‘Great America Pac’, il comitato per la raccolta di fondi elettorali che sostiene il candidato repubblicano alla Casa Bianca: in un video pubblicato sul sito del giornale compare un “consulente” dell’organizzazione, Jesse Benton, che si dice pronto ad accettare due milioni di dollari in arrivo da un finanziatore cinese, violando quindi la legge contro le donazioni dall’estero per le elezioni presidenziali americane.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)