Appennini “invecchiati”, investire sui giovani

Laurea sotto le stelle, Università di Camerino
Laurea sotto le stelle, Università di Camerino
Laurea sotto le stelle, Università di Camerino

ANCONA. – I pullman di terremotati, costretti ad abbandonare le loro case per trascorrere l’inverno, forse più d’uno, negli alberghi della costa, in attesa che i paesi vengano ricostruiti è la foto di un esodo forzato che riassume quello pulviscolare e ‘spontaneo’ di 60 anni di urbanizzazione spinta. Un processo cui gli abitanti dell’Appennino umbro-marchigiano hanno tentato di resistere forse più di altre popolazioni montane.

Col doppio sisma del 24 agosto e del 26 ottobre la battaglia si fa durissima, ma non è persa in partenza. ”Sono gli eventi a scrivere le cose da fare – dice in un’intervista all’Ansa il prof. Carlo Carboni, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Politecnica – e a questo punto Marche e Umbria, già ‘accostate’ dal sisma del 1997, un pezzo del Lazio, l’Abruzzo, si troveranno a lavorare insieme per un nuovo modello di sviluppo per l’area appenninica”. C’è però bisogno di una ”progettazione strategica che non si fermi alla ricostruzione materiale, e rilanci l’economia investendo sui giovani”.

L’Appennino, ”più che spopolato, è terribilmente ‘invecchiato”’. Per portare i più giovani a vivere nelle aree interne, in montagna, servono ”politiche dei beni comuni, scuole, infrastrutture, servizi, ma anche misure più specifiche, agevolazioni per la casa, per il pagamento delle bollette elettriche”.

La messa in sicurezza dei territori ”non basta”. Secondo i dati Istat la popolazione colpita dal sisma di agosto per il 28% ha in media 65 anni di età, sei punti in più della media nazionale. Nelle quattro regioni interessate solo il 10,2% dei terremotati ha un’età pari o inferiore ai 14 anni.

E anche se in montagna, almeno nelle Marche, vive ancora il 23% della popolazione totale è evidente che il mare, la pianura, appaiano ”più attrattive” anche se Carboni ricorda che ”il sovrappopolamento lungo la fascia costiera ha creato notevoli squilibri, città lineari ‘disperse”’.

C’è tutto un territorio da riorganizzare, e spetta alle classi dirigenti ”farsene carico, perché è difficile pensare che la reazione parta dal basso”. Quando ti crolla tutto intorno, perdi l’abitazione, il negozio, l’azienda o la stalla e la scuola è inagibile, puoi essere tenace quanto vuoi ma il tuo progetto di vita ha bisogno di un tessuto più ampio.

Per questo, sostiene il professore, che non entra nel dibattito politico sui confini di una futura Macroregione dell’Italia centrale (Marche-Umbria e Toscana, con o senza l’Abruzzo, con o senza l’Emilia Romagna), fra le priorità c’è ”far rivivere l’Università di Camerino”, e favorire il reinsediamento dei giovani in tutte le aree universitarie dell’Appennino.

(di Cristina Morbiducci/ANSA)