Usa 2016: l’imbarazzo di Obama stretto tra Comey e Clinton

L'imbarazzo di Obama 'stretto' tra Comey e Clinton
L'imbarazzo di Obama 'stretto' tra Comey e Clinton
L’imbarazzo di Obama ‘stretto’ tra Comey e Clinton

WASHINGTON. – Per dieci volte il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha ripetuto ai giornalisti l’intenzione di “non voler difendere né criticare” il direttore dell’Fbi James Comey sulla scelta di informare il Congresso dei nuovi sviluppi sull’emailgate. E’ l’equilibrismo cui in questi giorni è costretto a prodursi il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, stretto tra il capo del Bureau voluto da lui e Hillary Clinton, candidata a succedergli.

Con un silenzio assordante, Obama non ha ancora proferito parola di persona sulla vicenda che minaccia l’elezione alla presidenza della sua ex rivale, ma che il presidente ha adesso investito senza riserve del compito di proseguire sulla sua traccia il lavoro alla Casa Bianca. Si sta spendendo da ‘campaigner in chief’, percorrendo l’America in lungo e in largo (in Ohio, in Florida, in North Carolina) mettendoci la faccia per garantire che è lei la scelta giusta. Eppure il cortocircuito politico che ha travolto la campagna democratica vede protagonisti proprio tre delle sue scelte: in ordine di tempo James Comey, Loretta Lynch e Hillary Clinton.

Al di là dell’obbligo istituzionale di non intervenire su inchieste in corso, Obama non può sconfessare Comey. Earnest lo ha spiegato con la mancanza di informazioni sulle ragioni (e il materiale) che ha portato il direttore dell’Fbi alla sua scelta. Ma non è tutto: Comey è stato scelto da Obama nel 2013 per dirigere l’agenzia federale riconoscendogli integrità e rigore.

E il presidente non si tira indietro adesso, non prima di sapere cosa c’è in quelle mail. E allora riconosce la posizione difficile in cui Comey si trova, ma non crede che con le sue azioni intenda influenzare il voto. Poi però Earnest fa un passo avanti, e sottolinea che esistono norme e consuetudini pensate “per limitare la discussione pubblica”, che vanno “applicate e applaudite”. Come a dire: forse Comey avrebbe potuto ascoltare i vertici del dipartimento di Giustizia e Loretta Lynch in particolare, l’attorney general nominata da Obama (tra l’altro dopo settimane di stallo con il Congresso a maggioranza repubblicana a fare ostruzionismo) che, se è vero quanto emerge, aveva espresso parere contrario su quella lettera che Comey ha inviato al Congresso venerdì.

Perché questa bufera, pur di sbieco, colpisce anche Lynch, che a luglio era stata beccata a parlare troppo a lungo con Bill Clinton piombato sul suo aereo. All’epoca l’inchiesta sull’emailgate (la prima) non era ancora chiusa e da quell’episodio inopportuno piovvero critiche sulla ministro, inducendola a dichiarare che avrebbe accettato le conclusioni dell’Fbi e facendo così di fatto un passo indietro sulla vicenda.

Per questo Obama per giorni non ha detto una parola su quelle mail e probabilmente non lo farà. Il suo portavoce si è concesso un unico commento sulla lettera di Comey: “Chiaramente ha sortito l’effetto opposto da quello voluto”.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)

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