Trump e Brexit agitano i mercati. Borse giù e spread a 162

Una vista generale dei box orsa di Francoforte.
La borsa di Francoforte.. EPA/CHRISTOPH SCHMIDT
Stock brokers work at the stock exchange in Frankfurt, Germany, 24 August 2015.   EPA/CHRISTOPH SCHMIDT
Stock brokers work at the stock exchange in Frankfurt, Germany, 24 August 2015.
EPA/CHRISTOPH SCHMIDT

ROMA. – Non bastavano le banche europee agitate dai timori per Mps o Deutsche Bank, l’incertezza sul futuro della marea di liquidità che da anni le banche centrali garantiscono all’economia e quella sugli utili aziendali in Paesi che non riescono a crescere. Ora ai grattacapi degli investitori si aggiunge l’esito del voto negli Usa fra quattro giorni, con l’incognita Donald Trump che spaventa e quella su Brexit.

E pesa il referendum italiano, con il risultato che le borse europee soffrono, e lo spread torna a 162, ai massimi, appunto, dall’indomani del voto inglese di fine giugno. L’indice di Borsa europeo Stoxx 600 viaggia ai minimi di quattro mesi, ed è l’undicesima seduta consecutiva senza guadagni. A Milano (-0,62% in chiusura) pesano le banche, con il Montepaschi sospeso nuovamente per eccesso di ribasso dopo un calo di oltre il 6%. In Germania (Francoforte -0,65%) vanno giù Erste Group e Commerzbank dopo una perdita della seconda banca tedesca nel terzo trimestre. Parigi perde lo 0,78%.

A New York i listini sono partiti positivi dopo il boom del mercato del lavoro: 161.000 posti creati a ottobre, disoccupazione scesa al 4,9%, un’accelerazione dei salari ai massimi dal 2009 che fa sperare in un’inflazione più decisa: un dato che potrebbe schiarire l’orizzonte sulle prossime mosse della Federal Reserve, magari una stretta monetaria ma solo dopo il voto presidenziale, s’intende.

Poi la borsa è girata innegativo, con lo Standard & Poor’s (-0,16%) che, in calo da otto sedute consecutive, segna la peggior sequenza di ribassi in 36 anni, fra le avvisaglie di tempesta che alcuni investitori legano a un’eventuale vittoria di Trump: Citigroup, ad esempio, avverte che si rischierebbe una recessione.

Fra voto italiano al referendum, voto Usa, incertezze e tempi lunghi nel negoziato per la Brexit, si teme un ingorgo che ha suggerito a molti investitori di uscire da posizioni rischiose in Borsa. Le agenzie di rating sembrano aver rinviato ogni aggiornamento sull’Italia a dopo il referendum del 4 dicembre, per dire.

Istat parla di “fase di incertezza” e assenza di “prospettive di accelerazione” dell’economia a fine anno. E la Bce, per quanto possa prolungare il quantitative easing, agli occhi di molti investitori ormai ha dato. E’ una situazione ben fotografata dalla Borsa di Milano. Sul -24% da inizio anno pesa l’incertezza sul referendum e gli scenari politici che si aprirebbero con il prevalere di un ‘no’ a Renzi. Ma il Ftse Mib, sui minimi da inizio ottobre, di fatto viaggia ai valori di metà 2013, anno di recessione, sotto i 16.000.

Azzerati del tutto i guadagni – relativi – che erano stati messi a segno nel 2014 e 2015 quando, sulle attese di ripresa, Piazza Affari ‘vedeva’ i 25.000 punti, dando segnali di speranza agli investitori. Che ormai guardano – che siano istituzionali o famiglie che possono permettersi di non liquidare migliaia di euro di minusvalenze che si apprestano a festeggiare il decennale – con affranta nostalgia ai 45.000 punti del pre-crisi finanziaria.

Lascia un commento