Tra Governo e Opposizione dialogo tra sordi?

Archbishop Claudio Maria Celli, seen here speaking with Venezuelan President Nicolas Maduro, said leaders have to show that these are not "biblical times" -------------------------------------------------------------------------------------------
Archbishop Claudio Maria Celli, seen here speaking with Venezuelan President Nicolas Maduro, said leaders have to show that these are not "biblical times" -------------------------------------------------------------------------------------------
Mons. Claudio Maria Celli a colloquio con il presidente della Repubblica, Nicolás Maduro
——————————————————————————————-

Mauro Bafile

CARACAS – Mentre assistiamo in Nicaragua, al trionfo scontato alle urne, in assenza di un vero avversario, di Daniel Ortega che ne approfitta per dare una svolta dinastica al suo assalto al potere, imponendo la moglie, Rosario Murillo, alla vice-presidenza, dopo essersi assicurato il controllo del Parlamento dal quale l’Opposizione, a seguito della destituzione dei 28 deputati anti-sandinisti, è stata proscritta, aver collocato i fedelissimi ai posti chiave all’interno della Corte Suprema e delle Forze Armate e aver “regalato” ai figli i giornali, le televisioni, le maggiori industrie della costruzione e del petrolio, in Venezuela ogni speranza di soluzione pacifica per la crisi politica, istituzionale ed economica è riposta sul “dialogo” tra Governo e Opposizione. Il prossimo round è stato fissato per l’11 novembre.

Ma è sempre ghiaccio tra Governo e Opposizione. Nonostante l’invito dell’emissario della Santa Sede a moderare il tono della polemica, il presidente della Repubblica, Nicolás Maduro; il vice-presidente del Psuv, Diosdado Cabello, da un lato, e il governatore dello Stato Miranda, Henrique Capriles Radonski, e il presidente del Parlamento, Henry Ramos Allup, dall’altro, non perdono occasione per gettare legna sul fuoco. Altrettando fanno esponenti di uno e l’altro bando.

Non pare che ci possa essere dialogo tra due avversari prigionieri delle correnti radicali che troppo spesso ne determinano le decisioni. E, sebbene, come disse il vice-ministro Giro al nostro Giornale, un dialogo il più delle volte inizia tra sordi, si ha l’impressione che in questa occasione sia destinato a concludere così come è nato: tra sordi.

L’Opposizione esige giustamente risultati tangibili dalla prossima riunione. Il governo, ha espresso in tono pacato, come è suo solito fare, l’ex ambasciatore all’Osa, Roy Chaderton, avverte che quello del dialogo è un cammino lungo. L’Opposizione, in particolare le frange radicali, scalpita e accusa il governo del presidente Maduro di aver accettato il dialogo perché messo alle corde. Quindi, a loro avviso, il dialogo, come accaduto in altre occasioni, sarebbe una strategia dilatoria.

– E’ pur sempre un sotterfugio valido – ha sostenuto con un pizzico di cinismo, senza confermare o negare, l’Ambasciatore Chaderton.

La Chiesa è ovviamente preoccupata e avverte che se il dialogo dovesse fallire l’alternativa rischia di essere quella del “sangue”. E il presidente di Unasur, Ernesto Samper, facendo sue le parole del presidente Maduro, esorta l’Opposizione a non creare false aspettative “riguardo ai risultati concreti che potrebbero derivare dalle conversazioni nel Tavolo delle Trattative”.

Le dichiarazioni di Samper, da sempre considerato assai vicino al “chavismo” e al governo del presidente Maduro, hanno provocato la reazione del Tavolo dell’Unità. Jesús “Chuo” Torrealba, Segretario Esecutivo dell’ampia alleanza dell’Opposizione, ha rimproverato, seccato, il rappresentante di Unasur.

– Il ruolo di accompagnatore in questo processo – ha detto in tono freddo Torrealba – non consiste nel definire vere o false le aspettative, bensì di ottenere una soluzione, che può essere solo elettorale, al dramma venezuelano.

Se le scaramucce verbali tra Governo e Opposizione sono il pane quotidiano e non tolgono certo il sonno ai venezuelani, preoccupati più dalla mancanza di cibo e medicine che non dagli insulti, dai rimproveri e dalle accuse reciproche tra i protagonisti della politica; allarmano le riflessioni del rappresentante del Vaticano affidate, con un’intervista, al quotidiano “La Nación”.

Monsignor Claudio Maria Celli ha ammesso che “il Papa ha assunto un grosso rischio con questa iniziativa” e aggiunto che “se fallisce il dialogo a Caracas, non è il Papa che perde, è il popolo venezuelano, perché l’alternativa potrebbe essere davvero quella del sangue”.

Celli, acuto analista e negoziatore di grande esperienza, ha definito “molto brutta la situazione del Paese”, ha ammesso che “non c’è cibo e non ci sono medicine”, ha fatto notare la presenza “dei militari dappertutto” e ha riconosciuto che l’invito ad abbassare i toni è caduto nel vuoto.

– Il problema – ha detto con amarezza – è che queste cose sembrano più forti di loro.

Per molte medicine si avvicina la data si scadenza
Per molte medicine si avvicina la data di scadenza

Mentre prosegue la polemica, il governo del Presidente Maduro continua a negare i permessi per consentire l’ingresso al paese di oltre 75mila confezioni di medicine donate alla Caritas da venezuelani che vivono in Cile. Il carico, da oltre due mesi nei depositi del porto di La Guaira, corre il rischio di andare a male e già molte medicine, destinate in particolare a malattie croniche gravi e incurabili, sarebbero vicine alla data di scadenza.

Nel vuoto sono cadute, almeno fino ad oggi, le preghiere del cardinale Baltazar Porras. L’ingresso al Paese del carico di medicine, stando agli analisti politici, sarebbe indirettamente l’ammissione di una crisi umanitaria nel Paese; crisi che le autorità s’impegnano a negare nonostante la realtà parli da sola.