Trump e i nuovi equilibri delle crisi mondiali

Trump e i nuovi equilibri delle crisi mondiali
Trump e i nuovi equilibri delle crisi mondiali
Trump e i nuovi equilibri delle crisi mondiali

BEIRUT. – Dall’annuncio di una forza di terra di 20-30 mila uomini per combattere l’Isis alla possibilità di una riconciliazione con il presidente siriano Bashar al Assad. Dalla sconfessione degli accordi con Iran e Cuba dell’amministrazione Obama al disgelo con Mosca. Se Donald Trump dovesse concretizzare tutti gli annunci – a volte contraddittori – fatti in campagna elettorale, la politica estera Usa subirebbe un vero stravolgimento. Ma tutti aspettano di vedere quali saranno effettivamente le sue prime mosse quando avrà le responsabilità che competono ad un presidente.

RAPPORTI CON LA RUSSIA – Per quello che la televisione panaraba Al Jazira definisce oggi “il più imprevedibile presidente” da quando gli Usa hanno assunto il ruolo di potenza mondiale, l’unico punto fermo sembra il rapporto di stima reciproco con Vladimir Putin. Nel suo messaggio di congratulazioni a Trump, il capo del Cremlino ha auspicato di poter lavorare con lui per “fare uscire le relazioni bilaterali dallo stato di crisi” in cui versano dopo la crisi dell’Ucraina e per le divergenze sulla Siria.

SIRIA E TERRORISMO – Trump ha detto che, se eletto, avrebbe dato un mese ai suoi generali per mettere a punto un piano che garantisse la sconfitta dell’Isis. Con truppe di terra, ma anche attraverso una cooperazione con Mosca ed eventualmente con lo stesso Assad, che, ha affermato, “sta uccidendo lo Stato islamico come la Russia”. E proprio un’accettazione della permanenza al potere del ‘rais’ di Damasco potrebbe essere, secondo diversi osservatori, la svolta che avrebbe le maggiori probabilità di realizzarsi.

Anche il premier iracheno Haidar al Abadi si è detto sicuro che gli Stati Uniti – oggi presenti in Iraq con circa 5.000 militari – “continueranno a sostenere l’Iraq nella lotta al terrorismo”. Nella nuova alleanza potrebbe trovare posto anche un altro ‘uomo forte’ (come Putin e Trump), il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che recentemente si è riavvicinato a Mosca. Ma resta l’incognita dell’Arabia Saudita, finora irremovibile nel chiedere l’uscita di scena di Assad.

ACCORDI CON IRAN E CUBA – In campagna elettorale Trump ha detto che avrebbe rinegoziato il trattato sul nucleare con Teheran e posto un freno al processo di apertura verso L’Avana se non vi sarà un allentamento della repressione interna. Ma difficilmente un imprenditore come lui può ignorare la corsa già in atto verso Cuba di centinaia di uomini d’affari americani. Così come le enormi potenzialità offerte dal mercato iraniano, su cui stanno tornando in forze i concorrenti europei. Il presidente Hassan Rohani ha affermato che il futuro capo della Casa Bianca non ha “alcuna possibilità” di cancellare l’accordo del luglio 2015, perché sottoscritto da tutte le potenze del gruppo ‘5 + 1’ e adottato dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

AFGHANISTAN – I Taleban hanno subito chiesto al presidente eletto di ritirare gli 8.400 soldati americani che Obama ha deciso di mantenere nel Paese, nell’ambito di una missione Nato, fino alla fine del suo mandato, in gennaio. Ma Trump in un’intervista alla Cnn aveva detto che non li avrebbe ritirati, perché in tal caso il governo di Kabul “cadrebbe due secondi dopo”.

COREA DEL NORD – I test nucleari e missilistici che potrebbero consentirle in un futuro non lontano di minacciare mezzo mondo con le sue testate rappresentano uno dei pericoli più gravi che Trump dovrà affrontare. Nel giugno scorso si era detto pronto a ricevere negli Usa per un colloquio privato il leader nordcoreano Kim Jong-un, in quella che era sembrata come una semplice battuta da campagna elettorale. Successivamente si è rivolto alla Cina esortandola a fare di più per riportare sotto controllo il regime di Pyongyang. Non c’è dubbio che Washington dovrà continuare a lavorare a stretto contatto con Pechino su questa emergenza, assicurando allo stesso tempo il Giappone e la Corea del Sud della continua protezione americana.

(di Alberto Zanconato/ANSA)

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