Esplode la protesta contro Trump, cortei in tutta l’America

Stando ad un recente sondaggio la maggioranza degli elettori americani ritiene che Donald Trump non sia idoneo alla presidenza
Esplode protesta anti-Trump, cortei in tutta America
Esplode protesta anti-Trump, cortei in tutta America

NEW YORK. – In America esplode la protesta contro Donald Trump presidente. La rabbia di chi non ci sta a vedere il tycoon alla Casa Bianca. Tutto è partito da New York, dove Trump vive e dove si è consumato il dramma di Hillary Clinton. Ma presto si è allargata a tutto il Paese, mettendo in allarme autorità e forze dell’ordine che temono scontri nei prossimi giorni. Soprattutto guardando al fine settimana, l’allerta è massima.

Sotto lo slogan ‘Not my President’ è nato un movimento variegato: dalle ‘donne di Hillary’ ai ‘sanderisti’, passando anche per alcuni repubblicani profondamente delusi dal proprio partito. Così decine di migliaia di persone sono scese in strada in almeno 25 città, con un bilancio che alla fine parla di oltre 100 arresti.

Le manifestazioni più imponenti a Manhattan e a Los Angeles. La più violenta a Oakland, con lancio di molotov, sassi e tre agenti feriti. Ma cortei si sono svolti a Boston, Filadelfia, Chicago, Detroit. E ancora Seattle, Cleveland e San Francisco.

Molte di queste sono aree metropolitane su cui la candidata democratica contava di vincere e dove invece Trump ha ricevuto una spinta fondamentale per trionfare nell’Election Day. Uno spaccato di un’America più che mai divisa, su cui ha infierito una campagna elettorale dai toni quasi da guerra civile, come si è spinto a dire qualcuno. E ora, perché questa guerra civile non scoppi davvero, tutti cercano di gettare acqua sul fuoco: dal presidente uscente Barack Obama che invoca una ‘transizione pacifica’ allo stesso neopresidente che parla della necessità di unire il Paese.

Ma non tutti nel Paese la pensano così. Soprattutto in quelle città come New York o San Francisco dove l’anima liberal fatica ad accettare la nuova realtà e rifiuta l’idea di un nuovo ordine politico. Così il tam tam sui social media, come fu per Occupy Wall Street e come funziona con un movimento come Black Lives Matter, ha fatto dilagare la protesta ai quattro angoli del Paese.

Mentre su Facebook è stata aperta la pagina ‘Not my President’ con lo scopo di organizzare un megaraduno il prossimo 20 gennaio a Washington, in occasione dell’Inauguration Day. Potrebbe essere l’insediamento alla Casa Bianca più contestato della storia americana.

Delicatissima la situazione a Manhattan, dove oltre 5 mila manifestanti hanno letteralmente assediato la Trump Tower sulla Fifth Avenue dove la famiglia Trump vive. L’edificio già nella notte dell’Election Day è stato superblindato con camion anti-bomba che circondano l’intero isolato e agenti in tenuta antisommossa a presidiare l’intera area e il marciapiede dove si trova anche l’iconica location di Tiffany. Chiuso lo spazio aereo sopra Midtown Manhattan.

Altri manifestanti, dopo il lungo corteo partito da Union Square, sono arrivati invece a Columbus Circle, dove si trova l’ingresso nord del Central Park e il grattacielo del Trump Hotel International. Alla fine della serata si contavano almeno 30 arresti. Proteste davanti alla Trump Tower anche a Chicago, col traffico mandato letteralmente in tilt come a Los Angeles, dove la comunità ispanica ha aderito in massa all’appello di scendere in strada.

Nella capitale Washington tutto invece è partito con una fiaccolata davanti alla Casa Bianca, con la protesta che si è poi spostata al vicino Trump Hotel, sempre su Pennsylvania Avenue, da poco inaugurato dal tycoon e che era la sede dello storico Old Post Office.

Manifestazioni anche in molti dei più famosi atenei americani, a partire dalla marcia organizzata dagli studenti della storica università di Berkeley, in California, culla del movimento studentesco e pacifista degli anni ’60. Proteste anche nei campus di Santa Barbara, della Temple University, e delle università della Pennsylvania e del Massachusetts.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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