Obama e Trump, costretti alla pace ma le differenze restano

Obama-Trump costretti alla pace ma differenze restano
Obama-Trump costretti alla pace ma differenze restano
Obama-Trump costretti alla pace ma differenze restano

WASHINGTON. – Seduti fianco a fianco nello Studio Ovale, per un incontro di un’ora e mezza suggellato da una stretta di mano: protagonisti di questa scena inimmaginabile fino a qualche giorno fa Barack Obama e il suo successore Donald Trump, che nel loro prima faccia a faccia hanno cercato di mettere da parte offese e accuse reciproche per dare un segnale di collaborazione e unità ad un Paese che resta diviso anche dopo le elezioni.

Ma subito dopo il colloquio il tycoon è andato all’attacco, promettendo che una delle sue prime decisioni sarà l’abolizione dell’Obamacare e la riforma fiscale.

L’incontro è stato “meno imbarazzante di quanto ci si potesse aspettare”, ha assicurato Josh Earnest, portavoce della Casa Bianca, confermando i commenti positivi di Obama e di Trump. “Una conversazione eccellente”, ha garantito il primo, spiegando che sono stati discussi temi di politica interna ed estera ed altri aspetti organizzativi per garantire una “transizione agile”.

“Noi vogliamo fare tutto il possibile per aiutarti ad avere successo, perché se tu hai successo il Paese ha successo”, ha proseguito Obama, che durante la campagna elettorale lo aveva definito “inadatto” a fare il presidente, additandolo come una minaccia per la democrazia.

“E’ un grande onore essere con voi”, gli ha fatto eco Trump, dicendosi impaziente di ricevere i consigli di colui che aveva definito il “presidente più ignorante della storia”, mettendo anche in discussione la sua nascita americana. Oggi invece Obama è diventato improvvisamente “una gran brava persona” (‘a very good man’).

“Per me è estremamente importante aver potuto spiegare al presidente alcune difficoltà e alcuni problemi che io vedo in questo Paese”, ha aggiunto il magnate, apparso per la prima volta quasi intimidito accanto al suo ospite. Obama si è detto “incoraggiato” dopo il colloquio con Trump, trovando i suoi toni recenti “rassicuranti”, come ha riferito Earnest.

Ma i due, ha sottolineato il portavoce, non hanno superato le loro “profonde differenze”, anche perché l’incontro aveva solo l’obiettivo di garantire un passaggio di consegne morbido. Che resti un bel po’ di ruggine lo conferma anche la mancata foto opportunity tra gli Obama e la futura coppia presidenziale. La Casa Bianca ha precisato che non è stata cancellata, ma in ogni caso non è stata replicata la prassi del 2008, quando gli Obama posarono accanto ai Bush nella loro prima visita alla Casa Bianca.

Del resto anche Michelle era andata giù dura su Donald in campagna elettorale e per lei non deve essere stato facile neppure intrattenere Melania parlando di come crescere i figli a Washington. Che restino forti divergenze si è capito anche dalle prime dichiarazioni del tycoon dopo il successivo incontro a Capitol Hill con lo speaker della Camera, il repubblicano Paul Ryan.

I due si sono impegnati a “muoversi rapidamente” sul fronte della riforma delle tasse e sulla sanità, con l’abolizione dell’Obamacare. Il presidente eletto punta anche a smantellare la Dodd-Frank, la legge di riforma di Wall Street approvata nel 2010 e uno dei successi di Obama. La riforma sarà sostituita da politiche pro-crescita, ha annunciato il transition team di Trump:

“L’economia della Dood-Frank non funziona per i lavoratori. I tappeti rossi della burocrazia e le imposizioni di Washington non sono la risposta. La Dood Frank sarà sostituita con nuove politiche che incoraggino la crescita economica e la creazione di lavoro”.

Insomma, una totale inversione di marcia che rischia di cancellare l’eredità degli otto anni di presidenza Obama. Il miliardario newyorchese sta già lavorando alla squadra di governo e ai primi incontri con i leader internazionali: il primo potrebbe essere il 17 novembre a New York con Shinzo Abe, premier del Giappone, uno dei Paesi più preoccupati dalle linee di politica estera illustrate da Trump in campagna elettorale.

Bisognerà vedere però se una volta alla Casa Bianca modificherà le sue posizioni: la sua controversa proposta di bandire l’ingresso ai musulmani negli Usa è già scomparsa dal sito del presidente eletto a meno di 24 ore dalla vittoria. Intanto il suo vice Mike Pence si è incontrato con Joe Biden per mettere a punto la transizione, che durerà sino al 20 gennaio, giorno del giuramento.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)