Gentiloni in Niger e Mali, fermare la strage di migranti

Gentiloni in Niger e Mali, fermare strage migranti
Gentiloni in Niger e Mali, fermare strage migranti
Gentiloni in Niger e Mali, fermare strage migranti

NIAMEY/BAMAKO. – Ogni anno l’80% dei 160 mila che arrivano in Italia dall’Africa passano per il Niger, il principale Paese di transito dei migranti, ‘l’autostrada nel deserto’ di chi, ogni giorno, tenta a rischio della vita di raggiungere l’Europa.

“Molto spesso guardiamo solo alle vite perse in mare. Non vediamo invece le migliaia di persone che perdono la vita qui nel deserto”, il triplo – si stima – di quelle che muoiono nel Mediterraneo. Ed è da qui che bisogna cominciare a tagliare le gambe alle organizzazioni criminali che sfruttano il traffico di disperati, se si vuole “diminuire il flusso migratorio illegale, facilitare i rimpatri, ma soprattutto fermare questa catastrofe umanitaria”.

Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, guida in Niger e Mali (poi anche in Senegal) la prima missione congiunta Italia-Ue come primo passo nell’implementazione del ‘migration compact’, il patto europeo con l’Africa per il contrasto all’immigrazione clandestina. L’Ue ha deciso di stanziare 500 milioni di euro aggiuntivi, mentre l’Italia ha inserito nella manovra risorse per ulteriori 200 milioni.

Al momento una serie di progetti è in via di definizione con 5 Paesi considerati prioritari, tra cui appunto Niger, Mali, Senegal, ma anche Etiopia e Nigeria. “Abbiamo un programma molto ambizioso che si deve trasformare in una cooperazione con le autorità del Niger per rafforzare i loro equipaggiamenti, la loro capacità di gestione delle frontiere e la loro capacità di assistenza umanitaria”, ha spiegato il titolare della Farnesina che a Niamey ha incontrato il presidente della Repubblica, Mahamadou Issoufou, e tenuto una riunione con l’intero governo, insieme al sottosegretario all’Interno, Domenico Manzione, e a una delegazione del gabinetto del Commissario Ue Dimitris Avramopoulos (inizialmente previsto nel viaggio, ma poi trattenuto a Bruxelles da problemi di salute).

“Se riusciamo a chiudere un accordo entro l’anno, avremo dato un grosso contributo a ridurre i flussi”, ha aggiunto il ministro Gentiloni. L’obiettivo è quello di aiutare a creare un’economia che possa competere con quella illegale che tiene in piedi le mafie dei trafficanti: basti pensare che un pickup con 20 persone a bordo frutta 4.000 euro solo per percorrere gli 800 km che separano il confine libico da Agadez, la città dove si trova il più grande centro di smistamento di migranti in Africa, aperto dall’Italia e ora gestito dall’Oim.

La seconda città del Niger è una specie di ‘girone dantesco’ nel deserto – lo definisce chi lo ha visitato – attorno al quale gravitano decine di migliaia di persone, tra chi tenta di fare il grande salto, chi cerca assistenza, ma anche chi non ce l’ha fatta e, dopo aver subito abusi o torture in Libia, ha deciso di tornare indietro.

L’Italia e l’Ue mirano a ridurre i flussi di migranti illegali anche dal Mali che però, oltre a essere un Paese di transito, è anche un Paese di origine dell’immigrazione. “Circa il 4-5% dei migranti che arrivano in Italia è maliano”, ha spiegato Gentiloni ricordando come la situazione a Bamako sia diversa da quella del Niger.

Si tratta di un Paese “reduce da una guerra, tutt’ora sotto una fortissima pressione da parte di formazioni terroristiche e che attraversa una difficilissima fase di stabilizzazione e sicurezza”. Ed è per questo, viene spiegato, che il 44% delle richieste di asilo o protezione internazionale da parte dei maliani in Italia viene accolta.

“Il presidente Ibrahim Boubacar Keita mi ha confermato che il 20 novembre, nonostante minacce e difficoltà, si terranno le elezioni municipali, un fatto importante che noi sosteniamo: solo con un Paese più stabile – ha concluso il ministro – riusciremo a ridurre significativamente i flussi migratori”.

(dell’inviata Laurence Figà-Talamanca/ANSA)

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